E’ un legame fortissimo ed imprescindibile quello che unisce la città di Firenze, il fiume Arno ed il suo acquedotto. Un legame che si è rafforzato negli anni dell’Unità d’Italia, durante i lavori di ingrandimento della città ad opera dell’architetto Poggi: il coraggio di valenti ingegneri e lo spiegamento di risorse tecniche d’avanguardia portarono a strutturare il primo vero acquedotto cittadino che dissetava la città attraverso l’acqua dell’Arno.
Dal lato del fiume, oltre il lungarno, nel 1875 fu realizzata su progetto di Raffaele Canevari e Luigi Del Sarto l’officina idraulica di San Niccolò destinata al sollevamento e alla depurazione dell’acqua potabile, trasformata poi nel 1916 in centrale di produzione per fornire di corrente elettrica l’acquedotto dell’Anconella.
L’acquedotto fu inaugurato nel giugno del 1877 con grandi festeggiamenti: sull’Arno ci furono barche illuminate da fiaccole, sui lungarni suonò la musica della banda militare e migliaia di fiorentini si misero in fila per vedere quest’opera di ingegneria idraulica e gli impianti (versando 25 centesimi devoluti per pagare il soggiorno al mare dei bambini meno abbienti)
Un’opera lungimirante che ancora sopravvive e che ancora porta acqua nelle case dei fiorentini attraverso alcune infrastrutture fondamentali come i serbatoi di Carraia e del Pellegrino.
Il serbatoio di Carraia ai giardini dell’Erta Canina nella piccola e suggestiva vallata che unisce Porta San Miniato a Forte Belvedere è un edificio in stile neorinascimentale che coniuga eleganza architettonica, perizia costruttiva e evoluta sapienza idraulica. Nelle sue due grandi cisterne è capace di accumulare più di 13.000 metri cubi d’acqua e da 143 anni serve la città di Firenze rappresentando ancora oggi un punto nevralgico del sistema dell’acquedotto cittadino: il serbatoio, con una cisterna vuota e l’altra piena d’acqua, è usato per lo stoccaggio (garantisce l’acqua per un giorno e mezzo alla zona sud di Firenze) e per “rilanciare” l’acqua verso le case in collina.