Sono venuto, insieme a Ugo Barlozzetti del Comitato di Firenze e a Libero Michelucci, del Comitato di Livorno, a rappresentare i Comitati Toscani per la Promozione dei Valori Risorgimentali. Ma mi è stato chiesto dall’amico Luigi Lonardi, che guida il Coordinamento nazionale del Risorgimento, di portare un saluto a nome di tutti i soggetti italiani che ne fanno parte. È un grande onore che assumo volentieri in questo luogo sacro dell’identità nazionale perché testimone dello slancio e del sacrificio di tanti che avevano capito i valori dell’unità e dell’indipendenza nazionale, della libertà e dei diritti, dell’onesto bisogno dei popoli a determinare il proprio sviluppo. Chi combatté qui aveva imparato ad amare la letteratura nazionale, il verso di Dante e le parole di Ugo Foscolo, aveva chiaro il significato del tricolore dei primi martiri, cantava quegli inni della nazione tra i quali stava emergendo il canto degli italiani del ventenne Goffredo Mameli, destinato nel giro di un anno ad essere egli stesso uno dei martiri. Aveva questa grande idea d’Italia e pensava europeo.
Noi non abbiamo mai perseguito in questi anni la retorica. Abbiamo scelto invece di approfondire la conoscenza storica per dare sostanza alla nostra fede nei valori. È per questo che quando il Comune di Curtatone ci invitò a partecipare a un memorabile convegno lavorammo con entusiasmo e senza prevenzione, come sempre abbiamo fatto. Ed ogni volta che andiamo a fondo della realtà storica ci confermiamo nell’idea che è giusto riconoscere il valore di quella lotta che, insieme, compirono donne e uomini di allora. Lottarono consapevolmente perché nascesse, dai tanti stati divisi e soggetti uno stato nuovo e moderno all’altezza dell’Europa più avanzata.
E ci confermiamo anche nell’idea che ciò che accadde qui niente aveva di velleitario o di retorico, ma che era parte della coscienza europea di un mondo in evoluzione. Studiando, abbiamo compreso che, a Curtatone e Montanara, protagonista fu il popolo.
Non si trattò della minoranza elitaria di un pugno di studenti, ma i coraggiosi studenti furono parte delle schiere di volontari civici toscani e napoletani, a fianco dei militari restati a combattere nonostante il passo indietro dei principi.
Erano fratelli degli esuli e dei volontari venuti a battersi sotto la bandiera piemontese da tutta Italia e di coloro che avrebbero continuato fino alla fine a difendere la libertà italiana sotto le bandiere repubblicane nel 1849.
Nell’immediato gli italiani furono sconfitti, come gli altri protagonisti della “primavera dei popoli”, ma furono i veri vincitori della storia. Nell’esilio e nei cuori di chi rimase, il sacrificio di Curtatone e Montanara, il sacrificio di Mameli e dei tanti che non si erano tirati indietro, alimentarono lo spirito della resistenza e della fiducia negli anni cupi della reazione. Come accadeva a tanti giovani ungheresi, polacchi, slavi, francesi, tedeschi, austriaci stessi, gli italiani amarono il principio della Repubblica universale, il concetto che significava unione nella pace delle nazioni libere, indipendenti e sorelle nei valori della libertà, della pace, del progresso e della giustizia sociale. Ebbero, insomma, chiara idea di un’Europa tutta da fare, di quella Europa che, se vorrà esistere davvero con piena maturità, dovrà guardare ai grandi valori dell’Ottocento europeo di cui il Risorgimento italiano fu parte essenziale, valori talmente radicati che seppero vincere nel Novecento la violenza dei totalitarismi e darci la democrazia. La democrazia, quel valore delicato e forte che permea la nostra Costituzione repubblicana, un valore da sostenere e proteggere oggi più che mai. Ed è quanto ci ispira oggi il ricordo di quella straordinaria giornata del 29 maggio 1848 che noi oggi ricordiamo insieme. Possa tornare in questi nostri tempi così miseri la capacità di sacrificare se stessi per gli ideali più nobili della convivenza in Italia e in Europa.