Nel Recovery non c’è alcun sostegno alla nostra lingua, una delle prime studiate al mondo. Un’ottima leva di sviluppo, fondamentale per la ripresa
Andrea Riccardi Corriere della Sera 15 gennaio 2021
Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), colloquialmente chiamato Recovery, dove sta il sostegno alla lingua italiana?
Eppure si tratta di un’ottima leva di sviluppo, estroversione del Paese e occupazione, se solo si tiene conto che l’italiano è una delle prime lingue studiate al mondo, nonostante i solo sessanta milioni di cittadini italiani. L’attrazione della nostra lingua dipende dal fatto che è una chiave per entrare in un universo culturale immenso e molto apprezzato: il patrimonio italiano di arte e cultura. Questo patrimonio è una parte importante della cultura occidentale, verso cui c’è un interesse globale. Apprendere l’italiano è un’avventura che appassiona milioni di persone: questo è un fatto. Si pensi ai cultori di storia antica o dell’arte o dell’opera, agli entusiasti del Rinascimento e così via, senza dimenticare quelli che guardano a Roma come centro del cattolicesimo. D’altra parte il testimonial più eccellente della nostra lingua è l’argentino papa Francesco.
Le cifre parlano chiaro: a oggi vi sono all’estero più di due milioni di persone che studiano italiano. Con i suoi 400 centri nel mondo, la Società Dante Alighieri è uno dei principali strumenti attraverso cui avviene tale insegnamento, assieme alle scuole italiane all’estero, agli enti gestori e agli istituti di cultura. Si tratta di un mondo che può fare ancora meglio, se solo lo si fornisce dei sostegni adeguati. In attesa della ripresa del turismo, insegnare la lingua prepara il futuro e tiene vivo l’interesse per tutto quello che è italiano. «Vendere» la lingua equivale a investire in cultura in senso ampio: chi oggi apprende l’italiano a distanza sarà pronto a visitare l’Italia appena sarà possibile, ma anche a comprare il made in Italy. La lingua apre l’accesso al «mondo italiano». Prodotti italiani e lingua italiana camminano insieme. La lingua dà sapore al prodotto e lo collega a una tradizione.
L’arte, la cultura, il turismo, la storia, la musica, la moda, il design, la cucina crescono con la lingua.
E l’italiano cresce con queste realtà nazionali. L’esempio dei partner europei è eloquente: inglesi, francesi, spagnoli e portoghesi hanno fatto dell’apprendimento delle loro lingue una vera industria culturale. Non si capisce perché tale settore sia stato dimenticato dal PNRR, considerando anche l’apporto in termini di occupazione immediata che offre. È indispensabile che il Recovery riconsideri la lingua finanziando la creazione di un grande sistema d’insegnamento dell’italiano online all’estero, supportando quanto la Dante Alighieri già si appresta a fare con la piattaforma di e-learning ad alta qualità, fruibile a vari livelli, adattata alle regioni del mondo e alla loro base linguistico-culturale. Ne abbiamo urgente bisogno anche perché ciò significherebbe offrire occupazione non soltanto agli insegnanti di lingua ma anche di altre materie culturali, come letteratura o storia dell’arte.
Prima del Covid-19 l’intera filiera della cultura in Italia valeva circa 92 miliardi cioè il 6% del Pil. Con l’indotto si arrivava fino a oltre 250 miliardi, cioè il 16% del Pil. Eppure l’appoggio dato all’insegnamento della lingua era minimo: qualche milione di euro che impallidivano di fronte alle centinaia di milioni annui britannici, francesi o tedeschi addirittura alle decine di milioni dei portoghesi. Con il Recovery si può cambiare marcia. Il crollo del settore culturale, dovuto alla pandemia, è molto pesante per l’economia: una perdita di un milione e mezzo di posti di lavoro. Dobbiamo intervenire al più presto. Uno dei mezzi più rapidi è proprio l’insegnamento della lingua a distanza che può essere messo in campo in poco tempo.
Distanziamento sociale, nuove norme sulla mobilità, divieti di assembramento e impossibilità di viaggiare impediranno ancora per mesi — forse di più — al turismo di ripartire appieno, così come agli studenti stranieri di venire in Italia per accedere alle università e alle scuole di alta formazione culturale (restauro, archeologia ecc.). Rafforzare in tempi brevi l’insegnamento della lingua online è un modo per colmare un vuoto e prepararsi a rafforzare domani tutto il settore della cultura.
Non è possibile né auspicabile distaccare la lingua italiana dalla cultura, considerandola una parte ancillare e secondaria. È un errore corrente che mostra una scarsa comprensione di come l’Italia sia percepita nel mondo. La lingua italiana è legata al Paese, al suo stile e alla sua qualità di vita molto più di quanto si pensi. Non è un caso che i brand nella nostra lingua siano secondi solo a quelli in inglese. Insegnare più italiano significa a termine «vendere» più Italia in tutti i sensi. Il Recovery dovrebbe sostenere la creazione di piattaforme digitali di didattica e offerta culturale a distanza.
Oggi il settore più qualificato e meglio adattato a tale immediata sperimentazione è certamente la lingua.