Il 1° maggio del 1886 una grande manifestazione operaia si svolse a Chicago nel primo giorno di uno sciopero generale per portare l’orario di lavoro a otto ore. Nei giorni seguenti si ebbero altre manifestazioni, in alcune delle quali la polizia sparò facendo numerose vittime. Ci furono arresti e condanne a morte. Il 20 luglio 1889 a Parigi il congresso della Seconda Internazionale decise che per ricordare quei fatti ogni Primo Maggio in tutto il mondo i lavoratori avrebbero manifestato chiedendo di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare a effetto altre risoluzioni approvate dal Congresso di Parigi. Nasce così la Festa del Lavoro, come festa internazionale, con manifestazioni e spettacoli in tutte le città e paesi del mondo. Dopo due anni anche in Italia fu celebrato il Primo Maggio, come riconoscimento delle battaglie dei lavoratori italiani negli anni della realizzazione dell’Unità nazionale. A partire dalla metà del XIX secolo, per aiutare e tutelare gli artigiani e gli operai nacquero la Fratellanza Artigiana d’Italia, fondata a Firenze nel 1861 su ispirazione di Giuseppe Mazzini, le prime Società di Mutuo soccorso e le Camere del Lavoro, su iniziativa socialista.
Nella società attuale, con la globalizzazione del mercato del lavoro e delle merci, la condizione dei lavoratori, delle professioni, dei servizi e delle fabbriche è radicalmente cambiata in meglio rispetto a quella di due secoli fa. Con la ricomposizione poi delle classi sociali, la visione ideologica anticapitalistica, secondo cui la lotta di classe avrebbe dato luogo a una palingenesi sociale, progressivamente ha avuto meno credito tra le organizzazioni sindacali, che non hanno però rinunciato alle vertenze contrattuali. Oggi in Italia ci sono maggiori tutele politiche e sindacali per i lavoratori, come d’altra parte previsto dalla Costituzione repubblicana.
Negli ultimi decenni, però, con la riorganizzazione del capitalismo, con il passaggio alla società post-industriale e l’aumento delle merci e dei consumi, se è venuta meno la mitologia del lavoro di fabbrica e della lotta di classe, i problemi ambientali e in particolare l’emergenza climatica hanno dato forza ai movimenti ecologisti, critici di uno sviluppo economico globale illimitato e favorevoli a una riduzione della produzione e dei consumi in nome della salvezza del pianeta. .
L’avvento drammatico e imprevisto dell’attuale pandemia, che ha obbligato i governi a chiudere le fabbriche e ha messo in crisi l’economia pubblica e privata, sembra ridare impulso alla contestazione del modello economico affermatosi nei paesi democratici dopo la seconda guerra mondiale, che in realtà è stato nel complesso capace di tenere insieme il meglio del liberalismo economico senza eccessi liberisti e il meglio della socialdemocrazia con le sue esigenze di giustizia sociale. In questo quadro si è affermato un modello di società in cui anche le organizzazioni sindacali hanno saputo rivendicare dignità e migliori condizioni del lavoro, abbandonando progressivamente le istanze antagoniste e ideologiche.
Di contro c’è chi, non solo tra gli ecologisti, è mosso dall’idea che la pandemia sia quasi una punizione divina che ci può riportare agli antichi valori e punisce le logiche capitalistiche dei profitti e dei consumi; e che quindi considera come un attentato alla salute del mondo ogni tentativo di salvaguardare il futuro dell’economia.
Tutt’altra è stata la reazione del mondo delle imprese e del lavoro: preoccuparsi di tutelare la salute dei cittadini contro il flagello del Coronavirus e contemporaneamente quella dell’economia con la necessaria riapertura delle fabbriche. Su tutti e due i fronti lo Stato sta impegnando ingenti risorse economiche.
Avremo probabilmente una riorganizzazione della produzione industriale con l’utilizzo di nuove tecnologie (grazie al progresso scientifico tanto inviso ai nostri apocalittici), in modo da garantire la salute degli operai, come d’altronde era già avvenuto con l’introduzione della robotica nelle catene di montaggio e nei nocivi impianti di verniciatura delle auto.
Va da sé che una crescita felice del Bel Paese è legata non alla demonizzazione dell’imprese, ma a una visione che valorizzi l’impegno e la responsabilità dei dirigenti, dei tecnici, degli operai, insieme alla ricerca di regole e di limiti per uno sviluppo economico tanto necessario al bene della Nazione, quanto sostenibile per l’ambiente.
In questo senso ha ancora un forte valore simbolico celebrare la data del Primo Maggio, anche se soltanto dai balconi. Non solo per riaffermare la dignità dei lavoratori e la salvaguardia dei loro diritti, ma anche l’impegno per il bene comune di tutto il mondo del lavoro. Sergio Casprini