Est igitur” inquit Africanus “res pubblica res populi, populus autem non omnis hominum coetus quoquo modo congregatus, sed coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis communione sociatus. Cicerone
Lo stato è dunque – disse l’Africano – una cosa del popolo, e il popolo non è ogni aggregato di gente riunito in qualche modo, ma un insieme di persone associato per consenso della legge e per una comunità di vantaggi… si legge in De Republica di Cicerone e a distanza di secoli questa frase conserva tutta la sua attualità nella ricorrenza del 2 giugno, quando si festeggia la nascita della Repubblica italiana. Gli antichi romani pur vissuti in un contesto storico e sociale diverso dal nostro si sono dimostrati maestri di democrazia e di diritto, riconoscendo la sovranità del popolo all’interno dello stato romano, ovviamente con le dovute differenze con oggi perché nell’antica Roma repubblicana governava il Senato dei patrizi e non la plebe, le donne non avevano alcun ruolo politico ed esisteva la schiavitù.
Eppure allora il popolo romano viveva fortemente il senso di cittadinanza, di appartenenza ad una comunità e quindi non sorprende che le antiche parole di Cicerone ci appaiano ancora moderne e che sicuramente abbiano ispirato i nostri padri costituenti nel lontano 1946.
La Repubblica italiana è nata con questo spirito che purtroppo negli anni si è attenuato, quando progressivamente sono venuti meno i valori e le idealità che tengono unito un popolo: l’interesse generale, la coesione sociale, il sentimento di italianità, l’amore per la patria ed il tricolore. A conferma di ciò il 2 giugno negli anni ‘70 scomparve come data nel calendario delle feste civili.
Fu il presidente Ciampi che ripristinò la festa del 2 giugno e la sua opera di proselitismo patriottico la sta portando avanti l’attuale presidente Napolitano, nella consapevolezza che i popoli hanno bisogno di date simboliche, in cui riconoscersi come comunità nazionale, di quella religione civile che per primi gli antichi romani avevano teorizzato e onorato.