…Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia
E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre.
Italia Giuseppe Ungaretti Locvizza, 1 Ottobre 1916.
Il 4 novembre è la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, in ricordo del 4 novembre 1918, quando con il Bollettino della Vittoria il generale Diaz, comandante dell’Esercito italiano, annunciò la vittoria dell’Italia e la disfatta nemica nella Grande Guerra.
Il 4 novembre è stata l’unica festa nazionale che, istituita nel 1919, abbia attraversato le età dell’Italia liberale, fascista e repubblicana. Fino al 1977 è stata un giorno festivo a tutti gli effetti. Da quell’anno in poi, a causa di una riforma del calendario delle festività nazionali introdotta per ragioni economiche con lo scopo di aumentare il numero di giorni lavorativi, viene celebrata nella prima domenica di novembre.
Il giorno della memoria, ufficializzato nell’ottobre 1922 dall’ultimo governo liberale, doveva contribuire tanto a celebrare la vittoria dell’Italia quanto a ricordare il sacrificio di chi perse la vita durante il sanguinoso conflitto. Uno studio realizzato dal demografo italiano Giorgio Mortara nel 1925, basato su dati ufficiali del governo, stimò in 651.000 i militari italiani caduti durante il conflitto, così ripartiti: 378.000 uccisi in azione o morti per le ferite riportate, 186.000 morti di malattie e 87.000 invalidi deceduti durante il periodo compreso tra il 12 novembre 1918 e il 30 aprile 1920 a causa delle ferite riportate in guerra.
Questo anno la ricorrenza del 4 novembre cade in concomitanza con le commemorazioni del centenario della Grande Guerra che si concluderanno alla fine del 2015, commemorazioni in alcuni casi svilite con libri, articoli di giornali, con trasmissioni televisive che, denunciando le cecità dei politici di quegli anni, le bugie della propaganda, gli orrori delle trincee, la crudeltà degli ordini, i disagi disumani della vita quotidiana, la carneficina degli assalti danno una lettura di quegli anni distorta da visioni culturali ed ideologiche del presente. La Grande Guerra viene così spogliata di qualunque significato storico-politico suo proprio e viene pure criticato il ruolo svolto dall’esercito italiano, comandato da un manipolo di generali fanatici ed ambiziosi che, costretti ad una guerra di posizione in trincea, mandavano allo sbaraglio centinaia di migliaia di fanti, per lo più contadini analfabeti e patrioti loro malgrado.
“La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente” Queste parole di Bertolt Brecht introducono la grande mostra al MART di Rovereto sulla Grande Guerra, aperta appunto in questi mesi in occasione del centenario, a conferma delle interpretazioni di cui si diceva prima.
Un conflitto, sì tragico e drammatico, ma non da trasformare la storia d’Italia ed il compimento della sua Unità in romanzo criminale.
Al Cimitero di Trespiano di Firenze in un loculo insieme ai genitori è sepolto Luigi Michelet, decorato al valor militare in quanto autore di una azione eroica nel corso della battaglia avvenuta il 29-30 settembre 1917 per la conquista dell’area montuosa soprastante la località di Madoni, nell’Altipiano della Bainsizza, successivamente come tenente in forza al 74° Reggimento di Fanteria della Brigata Lombardia fu vittima, il 28 luglio 1918, dell’esplosione di una bomba a mano, spirando per le gravissime ferite riportate a soli 22 anni all’ Ospedale di Crespano del Grappa. Luigi Michelet era unico figlio di una modesta coppia di domestici, al servizio di una famiglia benestante, che risiedeva in Piazza S.Ambrogio a Firenzestudiò, nonostante le modeste origini e risorse della famiglia, nell’Istituto Tecnico per Ragionieri di Firenze, apprendendo nel corso degli studi anche le lingue inglese e francese. Dopo un breve impegno come maestro volontario Luigi Michelet fu richiamato al servizio militare di leva ed esso coincise con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Per il suo impegno di maestro volontario in campagna nei pressi di Firenze e per il suo eroico sacrificio in guerra nel 1928 fu intitolata a suo nome la scuola elementare dell’Antella del comune di Bagno a Ripoli. Di lui nel corso degli anni, non trovandosi più la lapide con nome e cognome, si era perso la memoria e, dato che la scuola è ancora intestata a Michelet, in tutti questi anni si era ipotizzato che il comune di bagno a Ripoli avesse voluto onorare la figura più nota dello storico francese Jules Michelet ! Grazie alle ricerche dell’attuale dirigente scolastico è stato restituito il vero nome alla scuola elementare dell’Antella e con la collaborazioni delle istituzioni e di associazioni locali e la partecipazione degli allievi sono in programma per il prossimo anno manifestazioni per ricordare sia ai giovani che agli anziani ed alla cittadinanza di Bagno a Ripoli la figura di Luigi Michelet ed il suo sacrificio per la Patria nella Grande Guerra.
La Festa delle Forze armate può essere quindi l’occasione per restituire la memoria ai tanti umili ed eroici fanti ed ufficiali italiani, caduti nella prima Guerra Mondiale, i cui nomi si ritrovano più o meno leggibili nei sepolcreti, nei loculi e nelle tombe dei cimiteri , certamente senza dare fiato a retoriche nazionaliste, ma anche contrastando la rimozione della Grande Guerra da parte di chi rilegge quegli anni con una visione astorica e con pregiudizi ideologici e pacifisti.