Ingresso al castello di Brescia
Nel castello sul colle Cidneo si trova il Museo del Risorgimento che ha rinnovato radicalmente le raccolte storiche con il racconto dell’epopea della Leonessa d’Italia da Napoleone alle Dieci Giornate, dall’impresa dei Mille all’unità del Paese.
Valerio Terraroli Sole 20 ore domenica 22 gennaio 2023
Rivoluzione, Dissenso, Insurrezione, Guerra, Unità, Partecipazione, Mito, Eredità: otto parole, otto concetti cardine che appartengono alla nostra storia e alla nostra cultura, ma che sono profondamente innervate nella contemporaneità globale. Otto termini che scandiscono le sezioni di un racconto che si dipana naturalmente, leggero e profondo allo stesso tempo, nel rifondato Museo del Risorgimento di Brescia che riaprirà al pubblico il 29 gennaio.
Si tratta di uno degli interventi più significativi, e anche di grande carica simbolica e ideale, dell’anno di Bergamo e Brescia Capitale della Cultura, sia perché risarcisce la città di un pezzo importante della sua storia civile e politica, dando quindi un ulteriore senso a quell’idea di museo diffuso di cui la città è parte integrante, che dall’area archeologica del Capitolium al complesso di Santa Giulia a Piazza della Loggia testimonia la millenaria storia di Brescia, sia perché la riapertura nell’edificio del Grande Miglio del Museo del Risorgimento rivitalizza ulteriormente il grande progetto di Fondazione Brescia Musei relativo alla riqualificazione del Castello sul colle Cidneo come complesso museale, parco pubblico, luogo delle memorie civiche e storiche, spazio per la contemporaneità.
Il museo, nato con delibera comunale nel 1887, con l’obiettivo, attraverso la raccolta, la conservazione e l’esibizione di documenti, manufatti, oggetti d’arte, di consolidare la memoria cittadina sui processi e gli avvenimenti che avevano portato all’unità d’Italia, aveva trovato collocazione nel Castello nel 1959. Per ragioni legate a nuove visioni della storia e a riflessioni sul senso dei musei storici è stato effettuato, negli anni Duemila, il progressivo smantellamento del museo, privilegiando esposizioni temporanee su temi specifici dell’epopea risorgimentale, fino a una totale chiusura nel 2015. Dal 2020 Fondazione Brescia Musei ha impegnato il Comitato scientifico e il proprio staff scientifico nel ripensamento radicale di quello spazio e di quel patrimonio museale dando vita a un progetto innovativo, multidisciplinare, per certi aspetti audace, con l’intendimento di parlare al pubblico più largo possibile, agli adulti come ai ragazzi in età scolare, ai cittadini come ai turisti, attraverso la messa a punto di media diversi, ma con la volontà di dare il giusto risalto al patrimonio museale esistente.
Non ci si deve aspettare, dunque, un percorso didascalico basato su luoghi comuni, né una partizione cronologica per battaglie ed eroi, né una mitizzazione autoreferenziale di personaggi, episodi e avvenimenti, né, tanto meno, un’esclusiva narrazione della storia del Risorgimento italiano; al contrario, la scelta forte compiuta dal Comitato scientifico e dai curatori, sostenuta con profondo convincimento dal direttore Stefano Karadjov, dalla presidente Francesca Bazoli e dal consiglio di Fondazione Brescia Musei, così come dalla Giunta comunale, è stata quella di estendere l’orizzonte storico, culturale e ideale del museo per ancorarlo indissolubilmente alla città di oggi e al sentire contemporaneo.
Ecco, dunque, la scelta delle otto parole chiave, divenute nel percorso le otto sezioni in cui si muovono i visitatori e, come si diceva in esordio, otto termini che ci riguardano da vicino e che sono strettamente connessi all’attualità e alla cronaca quotidiana: dalle legittime proteste in Iran alla guerra in Ucraina, dal dramma dei migranti ai valori fondativi delle democrazie, che vanno difesi strenuamente proprio conoscendone le origini e le storie.
L’avvio del racconto si innerva su Napoleone e la caduta degli antichi regimi, sulla Repubblica bresciana (1797) fino al congresso di Vienna (1815) e all’avvio della dominazione austriaca. Da qui in poi la scansione degli avvenimenti si muove sul doppio registro delle ricadute locali, in particolare l’episodio eroico delle Dieci Giornate, i giovani bresciani che parteciparono all’impresa dei Mille, le battaglie di Solferino e San Martino, il mito di Garibaldi e dei protagonisti dell’unità d’Italia, e della cornice politica nazionale e internazionale esperibile attraverso una calibrata e intelligente distribuzione di strumenti multimediali che, a dispetto di quanto ci si potrebbe aspettare, non prevaricano né distraggono il visitatore da una personale scelta di visita, né da un rapporto visivo, forte e coinvolgente, con i manufatti e le opere d’arte che sono il vero sostegno e senso del museo e in cui brillano opere di Appiani, Sala, Joli, Beaucé, Bouvier, Inganni, Ghidoni, Zanelli, Glisenti, Wildt. Al contrario, la documentazione visiva e documentaria fornita in ogni sezione è rigorosamente selezionata, utile e ricca e, con l’ausilio delle letture di testi letterari, cronachistici e politici fatte giovani da attori e attrici di teatro, si accende l’empatia con i protagonisti di quella storia e si consolida la comprensione di quegli accadimenti e del loro senso.
In realtà, non è tanto uno schema di percorso, quanto l’emozione che guida lo spettatore, coadiuvata dalla curiosità di scoprire la continuazione di quella storia di popoli raccontata senza retorica e autocelebrazione poiché la narrazione prosegue concentrandosi sui complessi problemi sociali, culturali ed economici della raggiunta unità, aprendo anche la strada del consolidarsi del mito risorgimentale e della sua eredità: dai memorabilia garibaldini al diffondersi dell’iconografia di Garibaldi, Mazzini, Cavour, Vittorio Emanuele II, fino alla costruzione del Vittoriano di Roma e alla figura di Giuseppe Zanardelli e al primo conflitto mondiale. Il percorso si chiude, da una parte, con l’ascesa di Mussolini e l’uso strumentale che il regime fece del Risorgimento a partire dalla diffusione dei monumenti ai caduti quale ulteriore legittimazione del fascismo inteso come «atto conclusivo e necessario» dell’epopea risorgimentale, dall’altro con la Resistenza e la nascita della Repubblica. Le ultimi immagini riguardano i funerali delle vittime della strage neofascista di Piazza della Loggia (28 maggio 1974), intesi quale simbolo di unità e di partecipazione durante i quali vennero richiamate le Dieci Giornate e i valori risorgimentali di libertà, unità e giustizia.
Ma il racconto non si conclude qui. Uscendo, il complesso del Castello, la Salita della memoria, le pietre di inciampo ci accompagnano nuovamente fino a Piazza della Loggia e, se si volesse, fino al Cimitero Vantiniano tessendo un filo profondo e resistente che ci può fare da guida, e sostegno consapevole, alla comprensione di chi siamo oggi.
Nella sezione dedicata al Dissenso è ricostruito un salotto politico del Risorgimento