Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno per commemorare le vittime dell’Olocausto. È stata così designata dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005. La risoluzione fu preceduta da una sessione speciale tenuta il 24 gennaio 2005, durante la quale l’Assemblea celebrò il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine dell’Olocausto. Per il Giorno della Memoria fu scelta la data in cui nel 1945 le truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz.
Il 20 luglio del 2000, prima quindi della corrispondente risoluzione delle Nazioni Unite, l’’Italia aveva già formalmente istituito la giornata commemorativa collocandola nello stesso giorno. Così recita la legge istitutiva: “In occasione del Giorno della Memoria vengono promosse cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”.
Quest’anno a Firenze, al cinema Teatro La Compagnia, con il film Una donna poco più un nome è stata ricordata Enrica Calabresi, una persona pressoché sconosciuta, nonostante il valore del suo ruolo culturale nell’ambito della comunità scientifica italiana. Enrica Calabresi era infatti una scienziata, la prima entomologa italiana. Lavorava alla Specola e all’Università. Ai tempi delle leggi razziali, privata del lavoro e della libertà in quanto ebrea, costretta a nascondersi, fu poi imprigionata a Santa Verdiana e, in attesa di essere deportata, si suicidò.
Ricordare la storia tragica degli ebrei nel Novecento ha un particolare valore nel momento in cui in Europa e in Italia si hanno ancora episodi di razzismo e di antisemitismo.
Se il dovere della memoria serve a ripristinare un rapporto con il passato nazionale ed europeo, quel rapporto nel mondo contemporaneo si è fatto però difficile. Infatti dopo le tragedie del Novecento ci viene chiesto spesso di ricordare il passato dell’Occidente, ma soltanto per condannarlo. Che si tratti dello sterminio degli ebrei, del colonialismo, delle foibe, sono sempre i crimini che vengono ricordati. Ma una visione del passato incentrata esclusivamente sul ricordo degli orrori del XX secolo non permette quello sguardo comprensivo e positivo verso la propria storia che è un requisito indispensabile per l’esistenza di una nazione.
Gli ebrei italiani che a migliaia partirono tra il 1943 e il 1945 dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano con treni diretti ad Auschwitz e ad altri campi di concentramento, gli oltre mille cittadini ebrei che furono catturati nel rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943 e deportati dall’Italia ad Auschwitz, facevano parte di quella numerosa comunità ebraica che aveva condiviso con i patrioti italiani gli ideali e i valori del nostro Risorgimento, partecipando attivamente al processo di formazione nazionale dalle guerre di Indipendenza alla Grande Guerra.
A testimonianza del loro contributo all’Unità d’Italia, nel bel giardino antistante la Sinagoga di Firenze si trova, oltre alla Lapide con i nomi delle vittime della Shoah, anche un piccolo Monumento con fontana in memoria dei 28 ebrei fiorentini caduti durante la guerra del 1915/18.
La consonanza di sentimento e di idealità tra la comunità ebraica e il resto del popolo italiano aveva già avuto conferma all’inizio del processo risorgimentale, quando l’opera lirica di Verdi Nabucco fece il suo debutto con successo il 9 marzo del 1842 al Teatro alla Scala di Milano. Gli spettatori italiani dell’epoca non solo apprezzarono la splendida musica, ma si identificarono nella condizione degli ebrei soggetti al dominio babilonese. Com’è noto, il coro Va pensiero sulle ali dorate nel terzo atto dell’opera verdiana venne interpretato come una metafora della condizione dell’Italia, assoggettata all’epoca al dominio austriaco, e ancora oggi viene ascoltato con emozione come canto patriottico.
La data del 17 marzo è dal 2013 la “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera”, una solennità civile da onorare con manifestazioni pubbliche e iniziative nelle scuole per non dimenticare la storia del nostro paese.
Potrebbe essere anche l’occasione per ricordare il contributo al nostro Risorgimento dei cittadini ebrei , che vissero come tradimento al loro sentirsi italiani gli anni bui e tragici delle leggi razziali e delle deportazioni nei lager nazisti.
Sergio Casprini