Pertini, Cossiga, Ciampi… Valdo Spini nel saggio «Sul colle più alto» (Solferino) racconta storie e aneddoti sugli inquilini del Quirinale.
Edoardo Semmola Corriere Fiorentino 11 gennaio 2022
Se c’è una lezione che Valdo Spini spera che l’attuale Parlamento abbia imparato, è quella che nel 1978 portò all’elezione di Sandro Pertini a Presidente della Repubblica. Ci vollero 16 tentativi ma «alla fine fu trovata una candidatura giusta e di successo». Per trovare la lezione al contrario, quella da non replicare, fa un salto in avanti di sette anni: Cossiga. «Eletto al primo scrutinio ma si è rivelato una figura discussa».
Morale della favola: la fretta è cattiva consigliera, la capacità di riflettere oltre le logiche di parte, è ciò di cui il Paese ha bisogno. Mancano due settimane all’inizio della maratona parlamentare che porterà a scegliere il successore di Sergio Mattarella al Colle. Chi sarà il tredicesimo presidente? Per avvicinarsi a questa risposta, l’ex parlamentare e ministro socialista fiorentino ha pensato di mettere in fila ricordi e aneddoti sui dodici inquilini del Quirinale che finora si sono succeduti.
Ne è nato un libro: Sul colle più alto (Solferino) distribuito in edicola insieme al Corriere della Sera e in tutte le librerie.
Di storie ne ha messe insieme quattordici perché «ho voluto inserire anche De Gasperi, è a lui che si deve la decisione di proclamare la vittoria della Repubblica sulla Monarchia nella notte tra il 12 e il 13 giugno del 1946 quando il re era ancora al Quirinale e si merita il titolo di capo provvisorio dell’Italia». Per arrivare a 14 si deve considerare che ha tenuto divisi i due mandati di Giorgio Napolitano «per la differenza dei due momenti e per il significato che quella differenza porta con sé: dovrebbe dissuaderci dal tentare nuovamente l’ipotesi del secondo mandato».
Le forze politiche stanno animando il dibattito sulla successione a Mattarella più che mai. Perché lei ha voluto contribuire a questo dibattito con un libro di taglio storico?
«Perché in un Paese così difficile e delicato come l’Italia, la scelta del Presidente è sempre un estremamente importante: quando le istituzioni vanno in panne, è lui che le deve riattivare. Non ho mai creduto nel premierato e nemmeno in un appannamento dei poteri del Capo dello Stato, come se fosse una Regina Elisabetta senza corona. E poi, avendo 8 legislature alle spalle, partecipo personalmente ai dubbi e ai problemi che i parlamentari di oggi si staranno ponendo: il periodo che stiamo vivendo richiede riflessioni di saggezza, mi ricorda molto l’elezione del 1992 che fu condizionata dalla strage di Capaci e costrinse in 24 ore le forze politiche a eleggere uno dei due presidenti delle Camere, Oscar Luigi Scalfaro».
Fu la volta che stava per diventare presidente un grande fiorentino, Giovanni Spadolini. Nel suo libro di passaggi «toscani» ce ne sono diversi.
«Intanto ci sono i due presidenti toscani: il livornese Carlo Azeglio Ciampi e il pisano Giovanni Gronchi. Eh sì, ci manca un fiorentino. Ci siamo andati solo vicini, con Spadolini. Poi c’è il ricordo della strage dei Georgofili con Ciampi all’epoca al governo. Mettendo in relazione il mandato di Scalfaro e quello di Ciampi, nella chiave dello stragismo».
Ciampi è uno dei più amati, dagli italiani, ma anche da lei, per come ne parla…
«Di lui ricordo anche la visita ufficiale che fece a Massa Carrara e in cui fa accolto benissimo. E quando inaugurò a Cinquale il monumento alle donne sulla Linea Gotica».
I suoi ricordi più belli?
«Quando ho accompagnato Pertini alla prima visita di un Presidente della Repubblica a Sant’Anna di Stazzema, il 30 settembre 1982. E poi l’anno successivo quando mi chiamò per rallegrarsi della mia rielezione. Gli dissi: “Adesso presidente la patata bollente è tua”. E lui risponde che De Mita ha perso il 6%, che Spadolini ha fatto il suo tempo, e che se Craxi se la sente potrebbe fare il governo lui. A quel punto gli chiesi se potevo dirglielo, a Craxi. Pertini risponde: “Sì ma digli anche di non farsi troppo nemici i comunisti”».
Quali insegnamenti possiamo trarre da queste storie per leggere quello che sta per succedere?
«Il Parlamento deve ricordarsi la necessità di formare una convergenza su una candidatura giusta come fu quella di Pertini, perché oggi c’è un’indubbia crisi di personale politico: il fatto che si dica tutti che Draghi deve stare o al governo o al Colle, quando in passato avremmo avuto sicuramente un lotto di personalità più ampio, è indicativo. Adesso oltre al Pnrr ci serve un miniprogramma di risanamento istituzionale che parta da una nuova legge elettorale, dalla riforma dei regolamenti parlamentari, e dall’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione per dare ai partiti una forma compiutamente democratica».
Cosa è cambiato nel tempo, e cosa è rimasto uguale?
«È cambiato che in passato la scheda veniva deposta a cielo aperto, poi nel 92 furono introdotte le cabine per difendere la segretezza del voto, e ora il progresso della tecnologia mette in crisi quei catafalchi, perché potendo fotografare il proprio voto siamo tornati al rischio di dover dimostrare di aver rispettato le consegne di partito. Sarebbe fondamentale ricreare le condizioni di serenità e segretezza del voto di un tempo».