LETTERE al Corriere della Sera 17 luglio 2021
Caro Aldo, sono un docente di liceo. Penso che l’esame di maturità negli ultimi tempi sia diventato facilissimo. Non c’è più la terza prova scritta (da qualche anno); non ci sono prove scritte in generale; non ci sono membri esterni, e gli interni esaltano senza freni i propri alunni; non si possono fare domande, e i commissari si limitano ad ascoltare l’alunno che espone il suo elaborato e poi si collega liberamente, materia per materia, a ciò che preferisce. Gli studenti odierni si diplomano con voti superiori di 10, 15, 20 punti ai voti che avrebbero ricevuto in passato. Si attua una grande ingiustizia verso i giovani esaminati in altri anni, della quale però non si parla. Molti diplomati del ’20 e del ’21 passeranno davanti agli altri nei concorsi pubblici pur avendo capacità e conoscenze inferiori. Che ne pensa? Mariano Della Vedova
Caro Mariano, “ogni generazione che fa la guerra pensa che gli altri la guerra non sappiano cosa sia» ha scritto Giorgio Bocca, raccontando il rude trattamento che l’esercito israeliano vittorioso riservò agli inviati nel Sinai durante la guerra dei Sei Giorni. Parafrasando, ogni generazione pensa che il proprio esame di maturità sia stato più difficile di quello della generazione successiva.
Sono raffronti quasi sempre fuorvianti. Negli anni scorsi ho visto i miei figli preparare la maturità scientifica e classica (rigorosamente in scuole pubbliche), e mi è parso che i loro insegnanti li avessero fatti lavorare seriamente. Quand’ero ragazzo io, nel nostro liceo si studiavano soprattutto le materie letterarie, e quelle scientifiche erano trascurate; ovviamente sbagliavamo. Però avevamo una preparazione seria che veniva dalla scuola dell’obbligo.
Ci sono cose che noi consideravamo scontate, e che ai ragazzi oggi non vengono più insegnate. Il caso più clamoroso è la storia. Sta crescendo una generazione che sa poco o nulla di come è nata la nostra nazione (e di come sia rinata con la Resistenza). È possibile che in passato si facesse un po’ di retorica; ma a me fa impressione pensare che si possano completare gli studi senza aver mai sentito nominare Silvio Pellico, Ciro Menotti, Daniele Manin, Guglielmo Pepe e tanti italiani per cui l’Italia era un ideale che valeva la vita; e magari si pensa, per averlo letto su qualche sito spazzatura, che il Risorgimento — di cui si deve parlar male — sia stato un complotto massonico finanziato dagli inglesi. (E comunque, gentile signor Della Vedova, non sia troppo severo con i diciannovenni di oggi. In questi due anni hanno sofferto molto, più di noi alla loro età). Aldo Cazzullo
Geminiano Vincenzi Ciro Menotti al supplizio litografia 1875