Lettere a Sergio Romano Corriere della Sera 10 Giugno
Cento anni fa l’Italia entrava in guerra per combattere contro i nemici austriaci che occupavano le nostre terre irredente. L’Italia ha fatto il suo dovere affrontando con coraggio il nemico storico. Ma come mai aveva stretto con lui la Triplice Alleanza? Non mi pare un atto coerente. Mi immagino la sua obiezione. Anche Stalin aveva stretto con i nazisti un patto di non aggressione. Ma allora ci comportiamo come Stalin? Mi risulta che il patto Molotov-Ribbentrop sollevò lo sdegno dei comunisti. Allora mi spieghi i motivi per cui l’Italia aderì alla Triplice Alleanza.
Perfirio Russo
Provi a immaginare lo stato d’animo e le condizioni psicologiche della classe dirigente di un Paese che aveva realizzato la sua unità nel 1861 e conquistato la sua capitale nel 1870. Il re e il governo, installati finalmente a Roma, potevano vantarsi di avere coronato le più ambiziose speranze del Risorgimento. Ma erano entrati nella Città eterna contro la volontà del Papato e grazie alla sconfitta della Francia nella guerra contro la Prussia. Non tutti avevano riconosciuto la nascita del nuovo Stato e molti, in Europa, erano convinti della sua fragilità. I rapporti con la Francia (il Paese che maggiormente aveva aiutato il Piemonte negli anni Cinquanta dell’Ottocento) si erano considerevolmente raffreddati e divennero ancora più freddi all’inizio degli anni Ottanta quando il governo francese s’impadronì della Tunisia dove viveva un forte comunità siciliana. L’Italia aveva perduto l’amico del 1859 e sapeva di avere sulle sue frontiere orientali un Paese, l’Austria, che era deciso a conservare una presenza in Italia e, se possibile, a recuperare le terre perdute. Non è sorprendente che la sua maggiore preoccupazione, in quelle circostanze, fosse la prospettiva dell’isolamento. Secondo Ottavio Barié, autore di una Storia delle relazioni internazionali dal Congresso di Vienna alla fine della guerra fredda (Celuc Libri, 2003), le prime iniziative furono italiane e indirizzate alla Germania. Era possibile, come nel 1866, una nuova alleanza italo- tedesca contro eventuali minacce francesi e austriache? Ai sondaggi della diplomazia italiana, Bismarck dette una risposta parzialmente positiva. Come l’Italia, anche la Germania, dopo avere realizzato la propria unità, aveva interesse a evitare nuove guerre, soprattutto con una Francia ansiosa di riscatto. Ma il suo disegno era più vasto Dopo avere sconfitto l’Austria a Sadowa, voleva ricomporre l’unità del mondo germanico e aveva già stretto un’alleanza con Vienna nel 1879. Fu così che ai sondaggi italiani il cancelliere tedesco rispose proponendo un accordo tripartito fra Austria, Germania e Italia. Le clausole più importanti erano due: se la Francia avesse attaccato l’Italia, Germania e Austria-Ungheria sarebbero corse in suo aiuto; se la Francia avesse attaccato la Germania, Italia e Austria avrebbero fatto altrettanto. Vi saranno altre clausole, più tardi, con cui l’Italia cercherà di salvaguardare i suoi interessi nei Balcani e in Africa del Nord. Lo spirito dell’Alleanza cambiò agli inizi del Novecento, quando l’Italia ricucì i suoi rapporti con la Francia e trovò una intesa con Parigi sul problema della Tunisia. Era venuta a mancare una delle condizioni che avevano spinto l’Italia a concludere un accordo con gli Imperi centrali. L’annessione austriaca della Bosnia nel 1908 tolse un altro mattone all’edificio della Triplice. Il resto, caro Russo, è raccontato in un libro pubblicato recentemente dal Corriere a cura di Antonio Carioti: 24 maggio 1915. L’Italia è in guerra.
Sergio Romano