Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un Ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno.
L’anno nuovo Gianni Rodari
All’alba del 1922 gli italiani vivevano ancora le conseguenze drammatiche della fine della Grande Guerra sia sul piano politico che sociale.
Eppure eravamo usciti vittoriosi dalla guerra, con Trento e Trieste diventate italiane, ritrovando dopo la disfatta di Caporetto l’orgoglio nazionale e una forte partecipazione ai destini della Patria. E ne fu conferma il grande coinvolgimento di popolo nel novembre del ’21 durante le cerimonie dedicate al Milite ignoto, icona del sacrificio in guerra di tantissimi italiani e pertanto simbolo dell’identità nazionale. La Grande Guerra fu però traumatica in termini di vite umane. Solo in Italia si contarono oltre un milione tra invalidi e morti, a cui va aggiunto tra il 1918 e il 1920 il flagello della Spagnola che fece più di 600.000 vittime nel nostro Paese.
Al trauma della guerra si aggiunse la situazione di crisi economica che aggravò le condizioni di vita di buona parte della popolazione italiana e alimentò le tensioni sociali e la conflittualità politico-sindacale, mentre soffiava in Europa il vento della rivoluzione bolscevica e in Italia si affermava sempre di più il fascismo, che imponeva con la violenza il suo credo nazionalistico e la sua idea di Patria. E proprio nel 1922 Mussolini conquistava il potere con la marcia su Roma del 28 ottobre, soffocando quella democrazia e quella libertà politica, per cui avevano sacrificato la vita i nostri patrioti risorgimentali.
Cento anni dopo, all’alba del 2022 l’ideologia nazionalista è al governo solo in alcuni paesi europei come Polonia e Ungheria. Ma se il premier polacco Mateusz Morawiecki e il premier ungherese Viktor Orbán sono certo responsabili di aver inferto lesioni allo stato di diritto, non si possono però paragonare a Hitler e al nazismo. Il sovranismo di alcuni partiti italiani negli ultimi anni ha alimentato un atteggiamento di chiusura verso l’unione Europea, ma non ha impedito che il processo d’integrazione europeo procedesse sia pure lentamente: ne fa fede il contrasto alla pandemia del Covid sia sul piano sanitario che economico da parte dell’Unione Europea, iniziativa condivisa da tutte le comunità nazionali. Infatti in Italia si vive oramai in una società aperta, con le sue libertà civili ed economiche, la democrazia liberale, il governo della legge; né si vede all’orizzonte la possibilità di nuove avventure totalitarie di destra o di sinistra. E se pure la pandemia attuale può ricordare quella di cento anni fa del 1918/19, il modo con cui la stiamo affrontando è completamente diverso non solo sul piano scientifico e sanitario, ma anche su quello delle scelte e degli interventi a livello internazionale.
Nonostante i successi nella lotta alla pandemia e il fermento ricostruttivo che pare animare una parte del mondo imprenditoriale (a cui possiamo aggiungere le numerose vittorie sportive), l’anno appena trascorso lascia aperte numerose situazioni critiche che non c’erano un secolo fa, come la questione dell’immigrazione e quella del degrado ambientale; anche queste da affrontare in una comunità d’intenti con le altre nazioni, dato che ormai viviamo in una società irreversibilmente globale.
E allora come sarà l’anno nuovo? Non lo sapremmo certo affidandoci agli astrologi o ai venditori di almanacchi, ma come sempre nella storia “anche quest’anno sarà come gli uomini lo faranno”, soprattutto se saranno responsabili rispetto a sé stessi e alla loro comunità di appartenenza.
Sergio Casprini