Tre qualità possono dirsi sommamente decisive per l’uomo politico: passione, senso di responsabilità, lungimiranza.
Max Weber
In un recente libro L’arma della memoria di Paolo Mieli si afferma che solo ripensando la storia in maniera meno ideologica e più problematica, per esempio nel confronto difficile dell’Occidente oggi con l’Islam, la cultura potrebbe essere un’arma vincente nei confronti del terrorismo dell’Isis piuttosto che il ricorso alla forza militare ed alla guerra.
La reinvenzione della storia infatti, se si guarda il passato con gli occhi del presente e se vengono riproposti luoghi comuni e verità di comodo, è stata ed è una delle ragioni di una politica ondivaga e contraddittoria dell’Italia e delle altre nazioni occidentali nelle relazioni internazionali, per cui nel corso degli anni si sono fatte o disfatte alleanze di volta in volta con stati amici o nemici.
E questo è successo pure nelle questioni interne di ogni nazione.
L’anno scorso in Italia è stato ricordato il centenario della Grande Guerra, l’anno 1915 in cui l’esercito italiano cominciò quel conflitto, che con un enorme costo di vite umane, più di seicentomila soldati morti, e con innumerevoli sacrifici per buona parte della popolazione civile, portò a compimento il processo di unità del nostro Paese.
Luci ed ombre si trovano in tutti i momenti storici di ogni popolo, quando le guerre nel passato erano carne e sangue della storia dell’umanità e ne segnavano i suoi passaggi cruciali.
In alcune commemorazioni l’anno scorso di questo momento significativo della storia italiana, in mostre, convegni, articoli di giornali, in ragione di un’ideologia pacifista, ormai da tempo cultura egemone nell’opinione pubblica dell’Occidente, per cui ogni guerra è ingiusta e follia armata, anche la Grande Guerra è stata spogliata del suo proprio significato storico politico e giudicata solo un inutile strage.
Ecco un modo scorretto di reinventare la storia,in questo caso in nome della visione irenica ed astorica di una parte dell’opinione pubblica italiana!
L’arma della memoria deve essere uno strumento culturale per tutti i cittadini, ma in particolare per i giovani e per i politici e se per i giovani di oggi, senza vocazioni né per la cultura, per il lavoro ed ancor meno per la politica, spetta alla scuola il compito prioritario di far rinascere in loro l’interesse e la curiosità per la storia, in primis del proprio Paese, perché siano consapevoli del loro passato, abbiano più certezze nel loro presente e guardino con più fiducia al loro futuro, altro e più difficile è il compito per chi governa.
Citando Max Weber non c’e dubbio che per i governanti è necessaria la lungimiranza, la capacità di avere una visione strategica nella soluzione delle questioni politiche che devono affrontare, senza ricorrere a tatticismi e furbizie per un consenso di breve durata; l’arma della memoria in questo caso ne è uno strumento indispensabile.
La passione invece si deve avere quando l’uomo di stato , pur fedele ai valori e gli ideali della sua storia politica, si pone al servizio dell’interesse collettivo della Nazione e non di una sua parte ed in nome appunto degli interessi nazionali assume la responsabilità di fare delle scelte chiare e non contraddittorie e di saper prendere anche la decisione di ricorrere alla forza in delicate e drammatiche situazioni internazionali. Non sarà per fortuna la regola ed avverrà solo in momenti eccezionali, in quei casi però verranno meno le armi della critica e varrà di più la critica delle armi!