… il primo bisogno d’Italia è che si formino Italiani dotati d’alti e forti caratteri. E pur troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani…
Massimo D’Azeglio, I miei ricordi 1863
«Abbiamo fatto l’Italia. Ora si tratta di fare gli italiani». La famosa frase di Massimo d’Azeglio è generalmente intesa come un appello alla creazione di un’identità nazionale italiana, in anni in cui esisteva una diffusa frammentazione linguistica e culturale, era assente una visione unificatrice del passato della penisola, si doveva fronteggiare la costante ostilità della Chiesa cattolica ed infine erano forti i sentimenti regionali e municipali.
Fare gli italiani pertanto significava dare ai cittadini del giovane stato italiano la consapevolezza di essere spiritualmente uniti da caratteristiche quali una lingua comune, una storia comune ed una religione comune e questo compito in primo luogo veniva affidato alla scuola pubblica come occasione di formazione culturale obbligatoria per tutti almeno nei primi anni dell’istruzione.
E certamente con le prime leggi, Casati e Coppino, sull’istruzione obbligatoria dall’Unità in poi costante è stato l’impegno dei governi italiani di valorizzare la scuola come luogo di formazione della coscienza nazionale nonché di competenze culturali e professionali.
Ma gli italiani, scrive sempre nello brano sopra citato Massimo D’Azeglio, …hanno voluto far un’Italia nuova, e loro rimanere gl’Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antico il loro retaggio; perché pensano a riformare l’Italia, e nessuno s’accorge che per riuscirci bisogna, prima, che si riformino loro… e finché grandi e piccoli e mezzani, ognuno nella sua sfera non faccia il suo dovere, e non lo faccia bene, od almeno il meglio che può…
Ma per educare al dovere ed alla responsabilità della cittadinanza e dell’appartenenza alla stessa comunità nazionale non è sufficiente il magistero della scuola, occorre invece il magistero di uno stato forte e autorevole, con parlamenti che sappiano esercitare il potere di fare leggi, i governi il potere di attuarle ed i magistrati il potere di farle rispettare.
E i cittadini a maggior ragione nella società democratica come l’attuale hanno sì il diritto di avere buone e giuste leggi, ma anche il dovere appunto di rispettarle !
Nel Trecento Ambrogio Lorenzetti dipinse in una sala del Palazzo Pubblico di Siena un ciclo di affreschi, commissionati dal Comune di Siena, che rappresentavano L’Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo, uno specchio della società aristocratica e mercantile senese, profondamente connotata da valori e sentimenti cristiani, fortemente radicati allora in epoca medievale.
Nell’Allegoria del Buon Governo infatti l’affresco si articola su tre registri: quello superiore con le componenti divine (Sapienza Divina e Virtù Teologali), quello intermedio con le Istituzioni cittadine (la Giustizia, il Comune, le Virtù non teologali), quello più basso con i costruttori, nonché fruitori, di queste istituzioni (esercito e cittadini). Da due angeli partono due corde che si riuniscono per mano della Concordia, diretta conseguenza della Giustizia. La corda è tenuta in pugno da ventiquattro cittadini allineati a fianco della Concordia e simboleggianti la comunità di Siena. Questi sono vestiti in maniera diversa e sono quindi di varia estrazione sociale e di varia professione. La corda simboleggia l’unione tra la Giustizia e il Comune ed è tenuta dai cittadini in stato di armonia.
Oggi viviamo in una società laica e democratica, non più rigidamente gerarchizzata come quella medievale e le costituzioni moderne nei paesi occidentali riconoscono la legittimità dei diritti dei cittadini, non più sudditi subalterni ad un potere fondato sull’arbitrio e sul privilegio per nascita e per volontà divina.
Ed infatti La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (Art.1 della Costituzione italiana), ma oggi come a Siena nel Medioevo è necessaria l’arte del Buon Governo perché si possa costruire una comunità concorde di cittadini, consapevoli dei loro diritti, ma anche dei doveri e delle responsabilità del loro ruolo nella società in cui vivono e…perché così l’Italia, come tutti popoli, possa divenir nazione, possa esser ordinata, ben amministrata, forte così contro lo straniero, come contro i settari dell’interno, libera e di propria ragione…, come scriveva lucidamente Massimo D’Azeglio nel 1863!
Sergio Casprini