Non si può definire semplicemente corruzione, sprechi, malgoverno quanto sta emergendo a proposito degli ultimi scandali, il degrado della politica in Italia e dei partiti che ne sono la rappresentazione va avanti da anni e mostra in maniera drammatica e perfino grottesca il collasso di tutto il ceto politico a partire dalla sua base, dall’ambito elettivo locale, fino al vertice della nomenklatura e del parlamento.
Galli della Loggia coglie correttamente il nocciolo della questione quando nell’editoriale del Corriere della Sera del 25 settembre scrive che: … il collasso/incanaglimento del ceto politico non nasce dalla nequizia dei singoli o dall’assenza di controlli (che naturalmente potrebbero sempre essere accresciuti e migliorati). La sua causa vera, così come la causa della sua vastità capillare, sta altrove: sta nella disintegrazione del quadro generale – ideale e istituzionale – in cui quel ceto è chiamato ad agire. Chi oggi inizia a far politica in Italia non ha più alcun riferimento storico-ideologico forte, non può ricollegarsi ad alcun valore; in senso proprio non sa più a nome di quale Paese parla, anche perché ben raramente ne conosce la storia e perfino la lingua; l’Italia che gli viene in mente può essere al massimo quella del made in Italy . ..
Anche nell’Italia risorgimentale e post-risorgimentale fino agli anni della Prima Repubblica il ceto politico non era esente da scandali e da episodi di malcostume, a conferma della validità ancora attuale del giudizio sulla società dell’ illuminista del’700 Bernard De Mandeville, il quale appunto concludeva il poemetto satirico La Favola delle Api con l’affermazione che “Il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtù da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa”
Nel passato dell’Italia però le virtù pubbliche superavano largamente i vizi privati, in quanto nel corredo del buon politico c’era una rigorosa formazione culturale a partire dalla conoscenza della storia e della lingua della sua Patria.
Una buona cultura ed un forte sentimento patriottico sono infatti la garanzia che gli interessi nazionali ritornino ad essere l’orizzonte della politica dei partiti al posto degli interessi di bottega, clientelari e…privati!
In conclusione gli esponenti dei partiti (dai leader fino ai singoli iscritti) possono solo ricostruire la loro credibilità non certo con tardivi e moralistici esami di coscienza, ma tornando a studiare ed a fare veri esami sul dna culturale dei partiti e su quello dell’Italia e, se com’è probabile questo compito è molto difficile se non impossibile per il ceto politico attuale, è invece la condizione necessaria per la nuova generazione dei politici, se hanno l’ambizione di governare l’Italia con successo.