Aldo Palazzeschi
Il «gatto» di Palazzeschi, la libreria stamperia di Lumachi, talent scout di Prezzolini e Papini, i Fratelli Stianti
Luca Scarlini Corriere Fiorentino 8 Febbraio 2023
In principio fu il gatto. Ossia l’immortale Cesare Blanc, a cui il giovane Aldo Giurlani, spinto dai genitori borghesi al cambiamento del nome in Palazzeschi, dedicò dal 1910 la casa editrice immaginaria che ebbe il nome del felino, per pubblicare le sue prime poesie e prose. Poi venne Filippo Tommaso Marinetti, che mise sotto i colori del Futurismo l’autore de Le sorelle Materassi, ma proprio sotto il segno del gioco e dello sberleffo si segnalava una città fatta di case editrici in buona parte tramontate e spesso dimenticate.
A Firenze all’inizio del secolo trascorso era in primo piano la libreria-stamperia Lumachi che mise il suo nome su proposte innovative di cultura (alla sua avventura ha dedicato da poco una bella monografia Giovanna Grifoni, edita da Biblohaus nel 2021). Fu Francesco Lumachi il primo a dare spazio ai rinnovatori della cultura della città, Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini (che per un certo tempo seguendo l’esempio di Palazzeschi mise alla luce trattati e testi antichi con il marchio SELF nel suo domicilio), al tempo della proposta idealista del Leonardo. Quest’ultimo pubblicò con questi tipi la raccolta più importante dei suoi racconti, Il tragico quotidiano, che entusiasmò Borges e che da poco è stato riproposto da Clichy nel quadro dell’edizione complessiva dei Racconti.
Sono proprio Giuliano il Sofista e Gian Falco che propongono al dinamico stampatore Attilio Vallecchi di diventare il tipografo delle edizioni della La Voce, che subito diventa anche una libreria nel complesso di Palazzo Davanzati, edificio assai male in arnese prima dei restauri all’inizio del secolo. La pubblicazione periodica, tra letteratura, politica e filosofia, catalizza l’attenzione della cultura nazionale, i quaderni, spesso di soggetto polemico, escono a getto continuo, come anche le pubblicazioni di poeti e prosatori, spesso determinanti per la cultura nazionale, che sono poi destinati a grandi successi. Il marchio Vallecchi, nato nel 1913, ha avuto enorme importanza fino agli anni Settanta, poi ci sono stati fallimenti e revisioni, con una struttura che esiste ancora oggi in un nuovo assetto. Gli anni d’oro saranno quelli dalla Prima Guerra in poi, i nomi sono quelli della letteratura italiana: Palazzeschi, Papini, Rebora, Landolfi e chi ne ha più ne metta.
In città tale era l’attività che molte erano le attività editoriali di tipi non prevedibili: i tipografi Fratelli Stianti di San Casciano (che stampavano non pochi dei libri di cui parliamo), raccontata da Marino Parenti, era notevole nel proporre un mix di letteratura e manuali della coltura della terra e della vinificazione. Nel 1932 il ristorante dell’Antico Fattore, a cui è stato legato un longevo premio letterario pubblicava l’autore che quell’anno aveva ottenuto il riconoscimento, Salvatore Quasimodo, con la raccolta Odore di Eucalyptus.
Numerose anche le gallerie d’arte editrici, come l’Indiano, legato a uno scrittore notevole e da tempo poco frequentato, se non dimenticato, Piero Santi o Tecne, che negli anni 60-70 pubblicava i vivaci episodi della poesia visiva (da Lucia Marcucci, a Luciano Ori, a Lamberto Pignotti per citare solo alcuni nomi), che trovavano anche udienza presso la Libreria Feltrinelli di via Martelli, centro di mostre e performance, che stampava anche volumi di neoavanguardia, o invece testi impegnati di memoria dell’antifascismo e della resistenza (come la biografia del comandante partigiano Potente, opera di Gino e Emirene Varlecchi, con prefazione di Sebastiano Timpanaro, 1975). Non mancavano nemmeno esperienze di editoria nella moda, come quelle avallate dalla geniale «sarta intellettuale» Germana Marucelli che finanziava a Milano concorsi di poesia, e che chiese a Fernanda Pivano di scrivere la sua biografia.
Tra i molti nomi che non ci sono più sono in evidenza nella saggistica La Nuova Italia, fondata dalla coppia Elda Bossi-Giuseppe Maranini negli anni 20 e poi diretta da Ernesto Codignola (nonno di Roberto Calasso, che da questa esperienza trasse varie ispirazioni) che ebbe un ruolo centrale nelle edizioni di studio (da Werner Jaeger a Delio Cantimori, passando per Aby Warburg e Franco Cardini, con una attenzione particolare alla cultura classica e ai temi di studi del Rinascimento) come anche nelle proposte della didattica.
Nettissimo anche il profilo nella produzione narrativa delle Edizioni di Solaria, legate alla rivista omonima, fondata nel 1926 e diretta poi da Giansiro Ferrata e Alessandro Bonsanti. Gli esordi e le presenze di qualità sono abbaglianti: Carlo Emilio Gadda, Cesare Pavese, Elio Vittorini senza scordare la presenza di Umberto Saba.
Insomma, un carnevale, una giostra, un panopticon e una vertigine, che qui si riassume solo per sommi capi e che racconterò domenica 26 febbraio in forma di spettacolo a Testo, il Salone del libro alla Stazione Leopolda , con immagini di opere spesso rarissime. Una storia, quindi, ricchissima e piena di sorprese, che è ancora largamente da ricostruire, e a cui dedicherò ulteriori approfondimenti.