L’archivio storico del Miur in mostra al Complesso del Vittoriano
Roma 24 febbraio/24 marzo
Lidia Lombardi Il Tempo 25 febbraio
Il Miur possiede 35 chilometri di documenti. Un materiale disparato – registri, regolamenti, decreti di nomina, ma anche giornali universitari, studi di edilizia scolastica, quaderni, foto, filmati – finora conservato in un deposito a Fiano Romano il cui affitto pesava sul bilancio del dicastero 400 mila euro l’anno. La svolta, sei mesi fa, allorché la spending review ha consigliato la dismissione dei capannoni di Fiano. Che fine ha fatto l’archivio?
È stato selezionato, catalogato e digitalizzato, in un’operazione che ha impegnato quattro esperti e che continua in un Portale al quale ogni istituto può accedere inserendo la propria storia. I materiali di maggior pregio sono poi stati trasferiti in locali resi idonei nella sede del ministero. Il risultato del lavoro valorizzazione è esposto fino al 24 marzo al Vittoriano nella mostra «Le scuole raccontano l’Italia. Memoria e futuro dell’istruzione».
Già, memoria e futuro. Perché nelle teche e nei filmati tratti da Istituto Luce, Rai e Cineteca Didattica Educativa del ministero (istituita da Bottai, vi lavorarono anche Rossellini e Lattuada) c’è la storia del Paese, a partire da quel 1860 in cui nacque il Regno d’Italia e subito furono varati Leggi e regolamenti sull’Istruzione Superiore, come testimonia il tomo che apre la rassegna. Una strada complessa, quella della Scuola italiana. Trovatasi a combattere con povertà e analfabetismo che di essa è figlio, con l’arretratezza del Sud. Ma una strada che ha raggiunto tappe importanti, come mostrano pannelli di grafici Istat. La più significativa, nota il curatore della mostra, Marco Pizzo, la parificazione di femmine e maschi nell’accesso all’istruzione, anzi con un’impennata delle donne dal Duemila.
All’inaugurazione il ministro Giannini ha sottolineato: «Si parla tanto della diminuzione di iscrizioni, ma bisogna tenere conto di quanto è stato lungo il tasso di crescita. Certo, il boom si è avuto negli anni ’70, ma era l’esplosione dell’intera società. Il delta dell’istruzione si allarga e si approfondisce l’idea di scuola come patrimonio di conoscenza». Ha annuito Luigi Berlinguer, due volte ministro a viale Trastevere: «Riusciamo a fornire un livello di istruzione che non si riscontra all’estero». Ma guardiamolo meglio, questo cammino. Comincia con alcuni dipinti: sono ritratti di ministri, tra i quali, irrinunciabili, quelli di De Sanctis, Croce e Gentile. Ma ci sono pure i quadri acquistati dal Miur. Testimoniano situazioni sociali, come «Pane duro» di Luigi De Giovanni (1934) nel quale una bambina ne sbocconcella un tozzetto. E un paesaggio di Ada van der Schalk esposto nel 1911 da Margherita Sarfatti, a dire di un guizzo di femminismo.
Nel 1869 un provveditore agli studi di Palermo era retribuito con tremila lire annue, negli anni Venti del ‘900 ebbero nomine importanti Sartorio, Oppo, Marinetti. Il periodico Vita Universitaria del 1939 titola «I professori ebrei eliminati dalle Università». Esistevano le scuole di agricoltura, maschile e femminile, e quelle coloniali. Nel 1945 la Settimana Incom filma il ritorno in aula di bambini col grembiule e il fiocco. Contadini e operai vanno alle serali, il maestro Manzi dal televisore insegna a contare. In «Registro di classe», il corto di Gianni Amelio che chiude la mostra, c’è un insegnante emiliano spedito in una scuola lucana. Lui non capiva i ragazzini e viceversa. Ma l’Italia s’è fatta anche così.
Orario: Dal lunedì al giovedì 9,30 – 18,30
L’entrata è consentita fino a 45 minuti prima della chiusura della mostra
Venerdì – sabato e domenica 9,30 – 19,30
L’entrata è consentita fino a 45 minuti prima della chiusura della mostra
Ingresso gratuito