Recentemente la pubblicazione del libro dello storico Sergio Luzzatto «Partigia, una storia della resistenza, in cui si racconta che durante la Resistenza la banda partigiana dello scrittore Primo Levi fucilò due dei propri membri, accusati di essere dei delinquenti comuni, ha suscitato polemiche tra gli opinionisti e gli storici sia sulla figura morale di Levi, sopravvissuto agli orrori di Auschwitz, sia sulla Resistenza in generale.
Già anni fa le malefatte commesse da alcuni partigiani comunisti, documentate in alcuni libri di Giampaolo Pansa, avevano incrinato l’immagine eroica e positiva dell’antifascismo e dato luogo ad una rilettura revisionista della storia italiana negli anni tormentati del dopoguerra.
Se queste ricostruzioni storiche servono a rimuovere le incrostazioni, retoriche, ideologiche ed edificanti con cui per anni è stata raccontata la Resistenza, ben vengano; pur tuttavia quando si dà un giudizio storico e non morale , ricordando sempre che ogni pagina della storia presenta luci ed ombre ed è segnata da lacrime e sangue, allora bisogna riconoscere che il movimento di liberazione nazionale ha ridato all’Italia la libertà, la democrazia e l’onore dopo gli anni bui del Fascismo, in una continuità ideale con i valori del Risorgimento italiano.
Il lascito positivo della Resistenza possiamo ritrovarlo infatti in alcuni brani significativi dell’appassionato intervento che il presidente Giorgio Napolitano ha fatto alle Camere riunite al momento del suo insediamento:
…Parlando a Rimini a una grande assemblea di giovani nell’agosto 2011, volli rendere esplicito il filo ispiratore delle celebrazioni del 150° della nascita del nostro Stato unitario: l’impegno a trasmettere piena coscienza di “quel che l’Italia e gli italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato”, e delle “grandi riserve di risorse umane e morali, d’intelligenza e di lavoro di cui disponiamo”.
E aggiunsi di aver voluto così suscitare orgoglio e fiducia perché le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto…
…Apprezzo l’impegno con cui il movimento largamente premiato dal corpo elettorale come nuovo attore politico-parlamentare ha mostrato di volersi impegnare alla Camera e al Senato, guadagnandovi il peso e l’influenza che gli spetta: quella è la strada di una feconda, anche se aspra, dialettica democratica e non quella, avventurosa e deviante, della contrapposizione tra piazza e Parlamento. Non può, d’altronde, reggere e dare frutti neppure una contrapposizione tra Rete e forme di organizzazione politica quali storicamente sono da ben più di un secolo e ovunque i partiti. La rete fornisce accessi preziosi alla politica, inedite possibilità individuali di espressione e di intervento politico e anche stimoli all’aggregazione e manifestazione di consensi e di dissensi. Ma non c’è partecipazione realmente democratica, rappresentativa ed efficace alla formazione delle decisioni pubbliche senza il tramite di partiti capaci di rinnovarsi o di movimenti politici organizzati, tutti comunque da vincolare all’imperativo costituzionale del “metodo democratico”…
Risorse umane, morali e orgoglio nazionale da una parte, partecipazione politica e dialettica democratica, anche se aspra, nel rispetto delle istituzioni repubblicane e della Costituzione dall’altra, sono la feconda eredità della Resistenza, per cui oggi ha ancora senso e valore celebrare il 25 Aprile!
Sergio Casprini