Nel libro Il mondo al contrario, pubblicato a sue spese dal generale Roberto Vannacci, si leggono affermazioni offensive nei confronti degli omosessuali e delle donne e in alcuni casi razziste, in particolare quando il militare, riferendosi alla pallavolista italiana Paola Egonu, scrive che, quando vede una persona con la pelle nera, non la identifica subito come italiana. Consapevolmente o no, Vannacci sembra rifarsi al suprematismo bianco, il movimento ideologico nato negli Stati Uniti, che vorrebbe imporre l’egemonia della “razza bianca”.
Oltre a essere offensive, certe affermazioni sull’identità italiana sono anche gravi sul piano storico, specie per un plurilaureato dal prestigioso curriculum professionale nell’esercito: “L’italiano da 8000 anni è identificato con la pelle bianca.”. Un gigantesco strafalcione. Prima di tutto l’identità italiana in senso proprio è emersa lentamente nell’ultimo millennio (a dir molto), benché abbia, come tutte le identità nazionali, anche radici remote. Inoltre un popolo esiste quando si riconosce accomunato da una lingua, da una cultura e da una storia, al di là delle differenti etnie che lo costituiscono.
Senza risalire a 8000 anni fa, intorno al 2000 a.C., mentre le regioni della Mesopotamia e l’Egitto avevano raggiunto il loro massimo splendore e un altissimo livello di civiltà, la penisola italica era abitata da popoli che parlavano lingue diverse e vivevano in umili capanne all’interno di piccoli villaggi; non c’era un’organizzazione territoriale (città, stati), non si conosceva la scrittura e per vivere si praticavano esclusivamente l’agricoltura e la pastorizia. Solo molti secoli dopo ha cominciato a formarsi un ‘identità italiana, a partire dalla grande eredità romana che, per ragioni storiche e geografiche, ha avuto un peso maggiore rispetto agli altri popoli europei e mediterranei. A questa però va aggiunta l’influenza di alcune progredite culture precedenti sviluppatesi localmente e confluite poi in quella latina, in particolare la civiltà etrusca e quella della Magna Grecia. Dopo la disgregazione dell’Impero romano d’Occidente, gli italiani sono stati il risultato di mille incroci di popoli diversi dalle Alpi alla Sicilia: certo, gli italiani — come del resto quasi tutti i popoli d’Europa — sono dei sanguemisti, ma fino a prova contraria solo qui e non altrove, solo in questo spazio geografico le lingue e le culture di Normanni e Bizantini, Arabi ed Ebrei, Ostrogoti, Longobardi e Franchi, hanno avuto modo di mischiarsi e incrociarsi in una maniera così peculiare. Non si tratta allora di affermare una qualunque purezza di pelle e di etnia, come afferma Vannacci nel suo libro di fatto razzista, bensì di riconoscere la singolare complessità dell’identità italiana. Non si tratta di biologia, insomma, si tratta di storia. L’identità di un popolo è un fatto storico, il frutto di una storia.
Se però le “farneticazioni” del generale Vannacci, come ha detto il ministro della difesa Crosetto, che doverosamente lo ha destituito dal comando dell’Istituto Geografico Militare, non hanno colto la vera essenza della nostra identità nazionale, va pure detto che una sinistra ideologica rifiuta o forse teme l’esistenza di una forte identità italiana, paventando il ritorno a un’idea di nazione chiusa e guerresca e a un bieco nazionalismo come negli anni del fascismo, in nome di una società multietnica e multiculturale in un mondo edenico senza confini e senza conflitti. Così però si dimenticano le migliaia di donne e uomini che, dal Risorgimento alla Resistenza, hanno affrontato la morte sui campi di battaglia, sulle forche e davanti ai plotoni di esecuzione gridando «Viva l’Italia».
Come in altre occasioni, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che rappresenta tutti gli italiani al di là del colore della loro pelle, ha saputo rispondere in maniera ferma e in nome dei valori costituzionali a chi alimenta queste contrapposizioni ideologiche di carattere etnico o classista e alla pretesa di resuscitare anacronistici nazionalismi.
Sergio Casprini
La pallavolista italiana Paola Egonu