Nei rari casi in cui la cronaca internazionale assume una dimensione storica come in questi giorni, il pericolo è di essere sommersi da instant books: la superficialità è onestamente implicita nella loro ammissione d’immediatezza. Anche quelli fatti bene, nell’aiutare a capire vivono quanto il tempo di un buon articolo di giornale.
Non è il problema del saggio di Giorgio Cella, che insegna all’Università Cattolica di Milano. Il suo Storia e geopolitica della crisi ucraina è un tassello importante per capire ciò che sta accadendo davanti ai nostri occhi: una guerra europea nel XXI secolo. È il tassello della Storia, quello fondamentale per arrivare alla comprensione dei fatti politici di oggi: la genesi oltre un millennio fa, la vicenda del luogo-nazione nei secoli fino ai giorni nostri. Andando oltre le immagini quotidiane del conflitto, studiare la Storia non garantisce a un giovane un posto di lavoro, ma aiuta a capire il presente nel quale vive fino, a volte, a intuire il futuro.
Nella prefazione Massimo de Leonardis cita Napoleone: l’ Histoire d’un pays est dans sa geographie. Molte altre cose la determinano ma conta molto nel caso dell’Ucraina, terra di confine tra Est e Ovest, cattolicesimo e ortodossia, imperi che avanzano e arretrano: mongoli, tartari e khanati da Est; svedesi, teutonici, polacchi, gli Asburgo, i nazisti e, ovviamente, gli zar, i segretari generali del Pcus e ora Vladimir Putin.
Non sono queste le condizioni per consolidare un armonioso senso di patria. Ciò che nasce attorno all’anno mille non è una nazione ucraina ma la Rus’ di Kiev, cioè le radici della Russia cristiana. Cella stabilisce che «nella costruzione dell’identità nazionale ucraina» è fondamentale l’Unione di Lublino del 1569: «La manifestazione di una determinata nazione, di un determinato gruppo d’individui caratterizzati da specifici elementi in comune…e soprattutto di un destino comune». Ma anche in questo caso l’Unione fu fatta con polacchi e lituani. Circa un secolo più tardi l’etmano Bohdan Chmel’nyc’kyj avrebbe lasciato la sfera polacca per entrare in quella di Mosca dalla quale l’Ucraina non sarebbe più uscita. Dal punto di vista storico, questo percorso dovrebbe confermare la convinzione di Putin: lo Stato ucraino non esiste. Tuttavia ciò che lo determina non è il tempo ma quando una comunità decide di farsi nazione sovrana. Fino all’inizio del secolo scorso in Palestina non esisteva un nazionalismo arabo-palestinese: lo fece nascere il nazionalismo sionista degli immigrati ebrei europei. Così è stato per l’Ucraina: a partire dal crollo dell’Urss all’inizio degli anni 90, l’idea di una patria ucraina si consolidò sempre più. Le elezioni truccate di Putin, il tentativo di sopprimere la rivoluzione di Maidan nel 2014, l’annessione di Crimea, il Donbass e Lugansk. Infine l’aggressione.
La determinazione degli ucraini e la mediocrità dell’esercito russo rendono ora ineluttabile uno Stato ucraino indipendente e libero.
Ugo Tramballi Sole 24 Ore domenica 3 aprile 2022
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Storia e geopolitica della crisi ucraina. Dalla Rus’ di Kiev a oggi
Giorgio Cella
Carocci, pagg. 352, € 36
Il volume, in un costante rimando tra dinamiche storiche e attualità geopolitica, si rivela uno strumento prezioso per l’analisi dei complessi fenomeni che hanno condotto, nei secoli, all’odierno conflitto in Ucraina, ad oggi la più importante crisi politico-militare su suolo europeo del XXI secolo. Una lunga traiettoria che dai tempi di Erodoto giunge sino ad Euromajdan, dove l’attenta ricostruzione storica si interseca con efficaci chiavi interpretative. L’autore fa inoltre emergere un mosaico culturale di grande interesse, spaziando in modo erudito lungo i secoli, gli eventi e i popoli di questo crocevia di religioni, imperi e identità: dalla Rus’ di Kiev ai cosacchi ucraini, dalle contese tra russi, polacchi e turchi sino all’era postsovietica e al processo di allargamento ad est della NATO. Un testo che costituisce un unicum negli studi di storia delle relazioni internazionali, cruciale per addentrarsi non solo nelle vicende dell’Ucraina e della sua crisi con Mosca, ma anche per una più generale comprensione degli avvenimenti di quella periferia centro-orientale d’Europa che, come Giorgio Cella sottolinea, è stata nel corso della storia del Vecchio Continente troppe volte gravemente trascurata.