Caro Direttore,
come hai ricordato nell’editoriale di marzo (https://www.risorgimentofirenze.it/difendere-la-patria-degli-altri-popoli/) , uno dei valori risorgimentali più importanti è la solidarietà con i popoli che lottano per la loro libertà contro gli oppressori interni o esterni. Su questo sito è forse superfluo ricordare il respiro europeo del pensiero mazziniano che portò alla creazione della Giovine Europa, le generose imprese militari che fruttarono a Garibaldi il titolo di Eroe dei due mondi e la partecipazione di molti intellettuali europei, tra cui Santorre di Santarosa, alla lotta dei Greci per l’indipendenza. Le motivazioni alla base di questi movimenti hanno poi preso il nome, com’è noto, di “internazionalismo”.
Da circa due mesi e mezzo stiamo assistendo, per così dire, “in diretta” al dispiegarsi di un nuovo slancio internazionalista, cioè dell’amplissimo movimento di solidarietà in favore dell’Ucraina invasa dall’esercito russo. Una solidarietà che, oltre al contributo di circa ventimila combattenti stranieri, si esprime in numerose raccolte di fondi, nell’accoglienza dei profughi, nelle sanzioni economiche inflitte alla Russia e nell’invio di armi all’Ucraina aggredita.
A fronte di questo ampio schieramento in difesa della libertà ucraina, è purtroppo emerso, almeno per quanto riguarda l’Italia, un consistente “internazionalismo” di segno opposto, cioè di fatto a sostegno dell’aggressore. Un sostegno ora larvato ora più esplicito, ma tanto più repulsivo in quanto diretto verso una dittatura che cerca di schiacciare una democrazia, sia pure in fase di consolidamento. Personalmente non ricordo un altro caso in cui una parte dell’opinione pubblica e della classe politica si augurasse la resa o la rapida capitolazione di una nazione in lotta per la propria libertà. Accanto all’ormai pavloviano e inestirpabile anti-americanismo, mi pare che un ruolo importante lo stiano giocando l’orrore per la guerra in genere e la paura dell’estensione al resto d’Europa di quella in corso, a noi così vicina. Sentimenti rispettabilissimi, s’intende, anzi condivisibili.
Ma temo che la lunga pace, il benessere, la tranquillità di molti decenni, insieme al diffondersi di un pacifismo integralista, abbiano fatto evaporare la differenza tra vittima e aggressore.
Giorgio Ragazzini