In agosto il prezzo del gas ha continuato a crescere in tutta Europa, soprattutto a causa della guerra in Ucraina. Quello che si teme di più, e che già sta avvenendo, sono le ripercussioni dei costi per il gas su quelli dell’elettricità. In Italia l’energia elettrica nei giorni scorsi ha toccato un massimo di 870 euro a megawattora, 200 in più rispetto alla settimana precedente. Le imprese hanno visto i costi delle bollette aumentare di più del doppio e di conseguenza molte sono costrette a lavorare a regime ridotto; e la Confindustria parla già del rischio di chiusura per ben 90.000 aziende. Ovviamente gli aumenti di gas, elettricità, benzina e di non pochi beni di consumo si ripercuotono pesantemente sui bilanci delle famiglie. Tutto questo potrebbe provocare gravi danni all’economia e al tenore di vita degli italiani.
Il premier Draghi mantiene fermo il sostegno all’indipendenza dell’Ucraina, ma nello stesso tempo affronta la questione del gas sul duplice binario di una politica comune europea e del reperimento a livello nazionale di fornitori alternativi alla Russia per l’approvvigionamento di gas. Tra le altre leve a cui dobbiamo ricorrere per fronteggiare questa crisi, ce ne sono due che chiamano più direttamente in causa il senso di responsabilità dei cittadini: i nuovi rigassificatori, che li riguardano come comunità locali; e il risparmio energetico, per cui tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo come singoli o come famiglie. Mentre la città di Ravenna ha accettato di ospitare uno dei due impianti di rigassificazione, sia pure dietro garanzie relative alla sicurezza e al possibile inquinamento, nell’altra sede, Piombino, la comunità locale guidata dal sindaco ha fortemente protestato secondo il modello Nimby (Not In My Back Yard), nonostante che il Ministro della Transizione ecologica abbia assicurato che l’impatto sul porto non farà danni alle altre attività né all’ambiente. D’altro canto la scelta del luogo è vincolata ai punti di connessione alla rete nazionale del gas e i margini per valutare alternative non esistono. Si ripetono quindi i riflessi condizionati che hanno portato a bloccare via referendum le trivellazioni nell’Adriatico, alla grottesca battaglia contro la Tap in Puglia e all’opposizione in corso contro il termovalorizzatore in una Roma sommersa dai rifiuti.
Coinvolge invece ciascuno di noi per i prossimi mesi invernali la strategia di contenimento dei consumi e il conseguente risparmio energetico che il governo sta mettendo a punto. Tra le misure attuabili: posticipare l’accensione dei termosifoni, anticipare lo spegnimento, abbassare di un grado la temperatura nelle abitazioni e negli uffici privati e pubblici, estendere a tutte le scuole la settimana corta. Il razionamento dopo gli anni del lockdown contro il Covid sarà pertanto un’altra importante esperienza comunitaria in un paese individualista come il nostro, in cui gli interessi nazionali dovranno necessariamente prevalere sugli interessi di cortile e di fazione politica o sociale. Molti opinionisti hanno definito l’esperienza del dimissionario governo Draghi come la stagione dei doveri. Quale che sia il governo che uscirà dalle urne il prossimo 25 settembre, si dovrà proseguire nella politica di responsabilità nazionale, se vogliamo ridurre i danni di questa grave emergenza economica e sociale, come d’altronde è già avvenuto in altri drammatici momenti nella storia d’Italia.
Sergio Casprini