Il premier greco Alexis Tsipras è venuto a patti con la Comunità europea sulla questione del debito che il suo Paese ha nei confronti degli stati europei e del Fondo monetario internazionale ed ha dovuto ridimensionare il programma elettorale con cui aveva vinto le elezioni, programma il cui obiettivo principale era appunto cancellare il debito. Invece con l’accordo ne ha rivisto le modalità ed i tempi di restituzione.
Quando si governa le convinzioni ed i principi fanno posto alle responsabilità ed i doveri della realpolitik, ma con opportuni compromessi e con le necessarie mediazioni si può arrivare comunque ad un esito positivo dell’iniziativa politica.
Infatti i greci, a parte qualche protesta tra gli elettori più arrabbiati, danno ancora il loro consenso al loro leader, che comunque a testa alta di fronte al mondo ha sostenuto le loro ragioni e gli interessi nazionali.
Se è vero che l’Unità europea è soprattutto economica con i i vincoli dettati dalla Banca Centrale e dalla moneta unica, non va dimenticato che esiste a Bruxelles un parlamento europeo che nel rispetto delle sovranità nazionali decide iniziative politiche in questioni cruciali come la difesa e la sicurezza del territorio europeo, vedi l’Ucraina ed il Mediterraneo.
Ne è un esempio Triton di Frontex, un programma a guida UE, partito il 1º novembre 2014 con l’obiettivo appunto di tenere controllate le frontiere nel mar Mediterraneo, presidiando il flusso dei migranti.
La situazione di guerra civile in Libia ha reso però praticamente impossibile negli ultimi tempi tener sotto controllo gli sbarchi sempre più numerosi dei migranti, sbarchi che si risolvono sovente in tragici naufragi.
L’Italia è il paese più vicino alle coste libiche, ma soprattutto porta la responsabilità di aver determinato il destino del popolo libico a partire dalla guerra del 1911 contro i Turchi, quando la Libia diventò una nostra colonia e lo rimase per più di 40 anni
Pertanto l’Italia in questa drammatica situazione ha il dovere ed il diritto di assumere un ruolo di comando nell’ambito delle nazioni europee e di decidere pertanto quale linea d’intervento seguire, in primis privilegiando un’opzione diplomatica senza escludere se necessario anche quella militare.
L’opzione militare sarebbe l’extrema ratio e non certo all’insegna della politica aggressiva e nazionalista del 1911, ma solo in ragione della difesa del nostro Paese.
Sarebbe giunto il momento che l’Italia avesse una politica estera, non più ondivaga e tantomeno subalterna agli interessi delle altre nazioni. Se prima era dovuto al fatto che eravamo usciti sconfitti dall’ultima guerra mondiale e ci sentivamo in colpa per aver subito o dato consenso alla dittatura fascista, oggi non abbiamo più questo alibi e come gli altri paesi europei dobbiamo in maniera ferma difendere le nostre ragioni ed i nostri interessi nazionali, a testa alta come fa attualmente il governo greco.
Solo così può avere ancora un forte significato celebrare il prossimo 17 marzo, che da 4 anni riconosciamo come data simbolo dell’Unità ed Indipendenza italiana, perché anche dalla memoria dei valori e delle idealità della nostra storia la nostra nazione può trovare quella forte identità di stato sovrano per contare veramente nell’ambito delle relazioni internazionali.