In questi mesi si sta decidendo la costruzione di un nuovo stadio di calcio nella zona di Novoli-Castello nella direttrice urbanistica nord-est di Firenze. Merita pertanto di ricordare il vecchio stadio , al momento ancora in funzione, in quanto considerato dagli storici dell’architettura una delle opere più significative sia da un punto di vista estetico che costruttivo negli anni del Fascismo. Va pure ricordato che la zona scelta allora per la realizzazione dello stadio, Campo di Marte, nell’Ottocento, negli anni di Firenze Capitale, era stata prevista nel piano Poggi come area di esercitazioni e di infrastrutture militari in una lungimirante e moderna visione di espansione urbana di Firenze
La struttura, situata nel quartiere di Campo di Marte e costruita tra il 1930 e il 1932, fu progettata dall’ingegnere Pier Luigi Nervi su iniziativa del marchese Luigi Ridolfi da Verrazzano ed è ricca di elementi innovativi e avveniristici per l’epoca, come la pensilina priva di sostegni intermedi, le scale elicoidali e la torre di Maratona.
Agli inizi del XX secolo, nel capoluogo toscano il calcio veniva giocato dalle varie squadre della città presso il parco delle Cascine, in particolare nel prato del Quercione.
Il primo presidente della Fiorentina fu il marchese Luigi Ridolfi da Verrazzano; appartenente a una delle più antiche famiglie nobili della città, il marchese, che all’epoca era anche segretario generale del Fascio di Firenze, ritenne necessaria, ancora prima di fondare la società, la costruzione di un grande impianto cittadino, che potesse competere con le altre strutture calcistiche dell’epoca
Il marchese Ridolfi aveva conosciuto Nervi qualche anno prima, quando gli aveva commissionato la costruzione della tribuna dello stadio d’atletica dell’Assi Giglio Rosso, lungo Viale dei Colli. Nel luglio dello stesso anno il Comune ottenne dal Ministero della Guerra una porzione della piazza d’armi nell’area di Campo di Marte, attraverso la mediazione svolta dal marchese Ridolfi — pluridecorato della prima guerra mondiale — presso le istituzioni politiche, sportive e militari.
L’ingresso principale fu progettato da Alessandro Giuntoli, architetto capo dell’Ufficio edilizia del Comune ed è la parte più monumentale e classicheggiante del complesso; all’Ufficio Tecnico di Palazzo Vecchio, diretto dall’ingegner Pelleschi, e a Fiorenzo De Reggi spettò inoltre la disposizione generale del campo da gioco, le sistemazioni interne e la distribuzione dei locali sotto le tribune dove erano previste due palestre, di cui una di 1 400 m², che aveva anche corsie per l’allenamento invernale delle corse podistiche, oltre allo studio del medico sportivo, agli spogliatoi, ai servizi igienici e ad alcune abitazioni per gli atleti con camere e soggiorno.
L’originalità, il carattere innovativo e la pregevolezza dell’opera nel suo coniugare la raffinatezza estetica e il rigore strutturale con le eleganti e ardite strutture in cemento armato furono apprezzate dagli addetti ai lavori; i giornali definirono lo stadio «un’opera ricca, poderosa e coraggiosa». Nella Prolusione all’anno accademico 1931-32, Raffaello Brizzi, direttore della Scuola Superiore di Architettura di Firenze, lodava la «nuova fabbrica dello stadio che intesa nel suo carattere, ha pregi notevoli di volumi ritmicamente disposti e composti in un ardito e solenne organismo costruttivo». Anche la Rassegna del Comune sottolineava la «bellezza» della costruzione mentre, dalle pagine di Architettura, Giovanni Michelucci ne esaltava lo «schietto carattere moderno».
Ritenuto un capolavoro dell’architettura italiana degli anni trenta, se ne evidenzia anche l’assoluta eccezionalità nel panorama della produzione architettonica fiorentina dell’epoca. Uno dei maggiori allenatori degli anni venti e trenta, Hugo Meisl, tecnico del Wunderteam austriaco, descrisse il nuovo impianto fiorentino come «il migliore stadio del mondo sia dal punto di vista strettamente estetico che da quello della funzionalità delle sue attrezzature sportive e della comodità per il pubblico: un’opera all’altezza di Firenze»