I Carnielo: una famiglia di patrioti ed artisti negli anni del Risorgimento
Aveva fama di “testa calda” Luigi Carnielo, arrivato dal Veneto a Firenze con moglie e figli negli anni della Capitale.
Era nato vicino a Treviso nel 1826 e fin da giovane aveva aderito con entusiasmo alla causa dell’indipendenza italiana. Già nel 1848 risultava arruolato tra i volontari veneti per aver partecipato alla prima campagna di liberazione e all’eroica difesa di Venezia tra i prodi dell’assedio del forte Marghera. La carcerazione per un lungo anno nei Piombi di san Marco era nota ai familiari, che conservavano con cura un piccolo acquerello del Pizzolotto, che lo ritraeva pallido ed emaciato subito dopo la prigionia. Per sfuggire a nuove persecuzioni austriache, poiché ritenuto uno dei capi del comitato segreto padovano, Firenze lo accoglieva esule una prima volta nel 1864. Da qui, indossata la camicia rossa garibaldina, ben presto si allontanava per unirsi nel 1866 ai compatrioti per la conquista del Trentino. Dopo altre peregrinazioni i Carnielo si stabilivano definitivamente a Firenze nel 1870. La città toscana offriva allora, in un clima aperto e cosmopolita, molte opportunità: tra queste, quella di fare studiare all’Accademia di Belle Arti il primogenito Rinaldo, che a dispetto delle aspettative paterne aveva imboccato la strada degli studi artistici, avendo frequentato a Padova le lezioni di Natale Sanavio e di Pietro Selvatico. Luigi Carnielo, convertitosi nella maturità al culto della Chiesa evangelica valdese, moriva appena cinquantenne nel 1876. Resta di lui memoria di fervente patriota, di uomo allegro e generoso dai tratti fieri, come mostra una fotografia, che assieme al dipinto del Pizzolotto è oggi tra i cimeli dell’ex museo del Risorgimento di Firenze. La morte del padre lasciava il giovane Rinaldo a capo di una famiglia numerosa e priva di risorse economiche, proprio mentre stava per completare il corso di scultura sotto l’insegnamento di Aristodemo Costoli. Su interessamento di Giovanni Duprè otteneva l’anno successivo uno studio presso la stessa Accademia, dove iniziava a farsi conoscere. Il Veneziano, come veniva chiamato, era artista dotato di grande maestria tecnica e di eclettica versatilità. Nel corso della sua carriera è stato verista e simbolista, interprete e promotore a Firenze di un linguaggio artistico d’avanguardia e di apertura europea. Gli ideali patriottici paterni accompagneranno sempre la vita e la produzione di Rinaldo, di cui sono tangibile testimonianza le tante sculture, riferite a personaggi o ad episodi risorgimentali. Le committenze, che si andavano via via accrescendo, giungevano da privati, da concorsi pubblici e dalla variegata comunità straniera, che in quegli anni risiedeva a Firenze.
Lo studio di piazza Savonarola, costruito su suo progetto su un terreno acquistato negli anni ’80, assieme alla contigua abitazione non era soltanto luogo di lavoro, ma anche di ritrovo. Era frequentato da visitatori, da collezionisti, da artisti fiorentini o di passaggio e animato da accese discussioni tra amici sulla politica, sull’arte e sulla nuova dottrina del vero, come ci testimonia un denso epistolario trascritto dalla moglie Virginia Incontri.
Una raggiunta stabilità economica e sociale gli aveva consentito di consolidare la raccolta di dipinti di artisti macchiaioli, con i quali aveva condiviso in anni giovanili le idee, le passioni e le quotidiane ristrettezze. L’importante collezione, frutto di una lunga e ininterrotta ricerca, era nata col solo scopo di documentare e di assicurare un riconoscimento futuro all’arte del proprio tempo, alla stregua delle note raccolte di Diego Martelli o di Cristiano Banti. I circa quattrocento quadri verranno venduti dopo la sua morte avvenuta nel 1910. L’edificio di piazza Savonarola, con le opere che vi erano conservate, è stato lasciato in legato nel 1957 al Comune di Firenze dal figlio dell’artista Enzo Carnielo. Di lui, arruolatosi volontario come sottotenente e impegnato nella Compagnia telegrafisti durante gli anni del conflitto 191518, ci restano – riportate dalla madre – le lettere inviate dal fronte alla famiglia e un dettagliato diario di guerra: una testimonianza viva di quei terribili avvenimenti.
Laura Lucchesi