Obelisco di San Domenico (o più propriamente guglia di San Domenico)
Piazza San Domenico Maggiore Napoli
La guglia fu voluta nel 1656 dal popolo napoletano come ex-voto a San Domenico per scongiurare la pestilenza di quello stesso anno.
I padri domenicani così oltre ad offrire il proprio contributo economico alla causa, comunque in misura inferiore rispetto alle somme stanziate dalla popolazione locale, si occuparono anche della gestione del cantiere che si sarebbe aperto in piazza. L’ordine Domenicano affidò il progetto allo scultore ed architetto lombardo Cosimo Fanzago, che già stava lavorando a due opere simili in città, l’Obelisco di San Gennaro e la Statua di San Gaetano, anche quest’opera ex-voto per la peste dello stesso anno. Da alcuni documenti storici, però, emerge anche la figura di Francesco Antonio Picchiatti. E così possibile che la costruzione, cominciata nel 1658, fu sì affidata a quest’ultimo, ma solo per quanto riguarda la parte tecnica e strutturale, mentre il Fanzago si occupò del rivestimento marmoreo.
La struttura, che si sviluppa per un’altezza di circa ventisei metri, poggia su di un grande basamento quadrangolare in piperno e, divisa in tre ordini, si restringe verso l’alto. Nel primo ordine troviamo, alternate, due iscrizioni e due busti raffiguranti la sirena Partenope che poggiano su grosse volute, realizzate dal Fanzago e alle quali lo stesso scultore si ispiro per la realizzazione di quelle sulla Guglia di San Gennaro. All’ordine successivo furono scolpiti gli stemmi che ricordano i patrocinatori della costruzione. Nel lato di fronte alla chiesa troviamo quello dei Padri Predicatori, mentre all’opposto quello della casa Reale di Spagna. Sulle altre due facciate, invece, vennero realizzati lo stemma della città di Napoli e quello del vicerè Pietro Antonio d’Aragona. Nonostante il Fanzago avesse già preparato i puttini, i medaglioni con i Santi Domenicane e anche un modello della statua, i lavori furono interrotti intorno al 1666, probabilmente a causa dell’insoddisfazione di committenti.
I lavori ripresero per un breve periodo, all’incirca tra il 1679 e il 1680, con Lorenzo Vaccaro, anche se non è chiaro quali interventi furono posti in essere, sebbene gli vengono attribuite le sirene del basamento e alcuni bassorilievi di santi che dovevano completare il monumento lasciato incompiuto. Più decisivo, invece, l’intervento del figlio Domenico Antonio Vaccaro, i cui lavori cominciarono nel 1736. Furono , riviste e sistemate le sirene, aggiunti i puttini, già progettati dal Fanzago e quindi solamente ritoccati e, infine, nello stesso ordine aggiunti i medaglioni con i rilievi raffiguranti i Santi Agnese, Pio V, la beata Margherita e Vincenzo Ferrerio, tra i quali solo l’ultimo venne realizzato totalmente a partire da un disegno del Vaccaro. Nella parte superiore, invece, furono inserite le effigi di San Giacinto, San Pietro Martire San Ludovico e San Raimondo. Infine, ancora più in alto, altri medaglioni con Santa Rosa da Lima, San Tommaso d’Aquino, Sant’Antonio e Santa Caterina.
Lo stesso Vaccaro, inoltre, realizzò sicuramente il bozzetto della statua in marmo di San Domenico, anche è incerta la paternità della statua vera e propria dato che i documenti relativi ai lavori arrivano fino al 1747 e non fanno riferimento alla posa della raffigurazione del santo, mentre il Vaccaro morì nel 1745.