Nelle sale cinematografiche italiane in questi giorni è in programmazione il film torneranno i prati di Ermanno Olmi (la minuscola è voluta su esplicita disposizione dello stesso regista).
Olmi sempre più tolstojano e pacifista, con toni profetici ed ascetici racconta un episodio della Grande guerra, non un episodio preciso, per quanto la ricerca che ha preceduto l’elaborazione del film sia stata meticolosa fin nel dettaglio. Le divise, per esempio, sono state modellate su quelle dell’epoca, ma non portano mostrine. Impossibile stabilire a quale battaglione appartengano i soldati intrappolati in una trincea dove, in una notte d’autunno del 1917, a ridosso della disfatta di Caporetto, arriva un ordine al quale non tutti obbediranno. Autentico è in ogni caso lo scenario dell’altopiano di Asiago.
«Sì, ho voluto celebrare la Grande guerra – ha rivendicato tempo fa in un’intervista all’Avvenire Olmi – ma tenendomi alla larga dalle bandiere, dai monumenti, dalle versioni ufficiali. La vera celebrazione, secondo me, consiste nel cercare di capire che cosa è successo, per impedire che si ripeta. Mi pare che le analogie fra la cronaca di oggi e quanto accaduto un secolo fa siano sempre più numerose e inquietanti. Avverto un tremore dentro di me, specie quando penso al comportamento vergognoso tenuto dall’Italia nel 1914. Il nostro Paese non entra in guerra subito, com’è noto. Prende tempo per mercanteggiare le condizioni, per valutare con chi convenga schierarsi. Ci sarebbe il patto di non belligeranza verso l’Austria, ma alla fine è proprio contro l’Austria che gli italiani si armano, perché Francia e Inghilterra rappresentano un vantaggio per l’espansione economica… La disobbedienza ( dei fanti), , si costituisce come atto eroico, morale, solo quando si è disposti a pagare con la morte. È allora, dopo che tutto si è consumato, che i prati tornano a fiorire…
Come nei precedenti film il regista conferma le sue capacità di costruire storie nella scelta delle immagini e nella direzione degli attori, ma, come testimoniano le sue parole, nel giudizio sulla Grande Guerra esprime una visione pacifista, astratta e priva di un rigoroso contenuto storico.
Gli umili eroi del suo film, i fanti contadini in tutti quei mesi vissuti drammaticamente nelle trincee erano sì angosciati di aver dovuto abbandonare le loro terre e la loro cura, dalla semina al raccolto, ma nello stesso tempo, nella babele dei diversi dialetti regionali e nel rapporto quotidiano con i loro commilitoni, maturavano pure la consapevolezza di essere italiani e di servire la Patria in armi.
Il ripudio della guerra del 15/18 e di tutte le guerre da parte di Ermanno Olmi appartiene alla sua sensibilità di cristiano radicale e può quindi richiamare il messaggio di pace della lettera che il 1 agosto 1917 il papa Benedetto XVI inviò alle cancellerie delle nazioni belligeranti in cui fu espresso il giudizio sulla guerra come “inutile strage”.
Va ricordato storicamente che questo messaggio nell’anno più tragico della Grande Guerra, il 1917, si inscrive però nel disegno politico del Vaticano come chiesa universale che si assume il difficile compito di trovare una mediazione diplomatica tra Paesi cattolici tra loro in conflitto, la Francia e l’Italia da una parte, l’Austria dall’altra.
Sempre nel rispetto della verità storica in Italia il fronte cattolico non era poi così compatto rispetto alla politica del pontefice; a Firenze per esempio i volontari garibaldini dopo la guerra del 15/18 posero una lapide a fianco della facciata della chiesa di San Marco in memoria del padre domenicano Egidio Raimondo Maccanti, cappellano della Brigata Garibaldina Alpi, soldato della fede e della patria, caduto da prode presso Bligny il 17 settembre 1918 ( così recita l’iscrizione nella lapide). E a Bligny in Francia nella seconda battaglia della Marna caddero insieme ad Egidio Maccanti ben 5.000 soldati italiani !
Torneranno i prati sì a fiorire in terra italiana dopo la Grande Guerra grazie però al contributo di sangue di tanti italiani, fossero contadini o borghesi, credenti o no !