Nella ricostruzione il nostro popolo ha sempre saputo esprimere il meglio di sé Sergio Mattarella, Messaggio televisivo alla Nazione del 27 marzo 2020
Di fronte al pericolo della pandemia del Coronavirus l’establishment politico, scientifico e culturale in Italia e nel mondo sta utilizzando un linguaggio bellico come se fossimo in guerra contro un nemico subdolo ancora più minaccioso degli eserciti, degli aerei e delle navi da combattimento.
Perfino autorevoli economisti come Draghi, nell’indicare possibili soluzioni per risolvere l’emergenza economica che seguirà quella sanitaria, ha fatto riferimento alle guerre, secondo lui il precedente più significativo della crisi in atto, che si finanziavano attingendo al debito pubblico, come fece l’Italia durante e dopo il primo conflitto mondiale. E restando sul piano della metafora bellica, i medici e gli infermieri oggi negli ospedali sono come gli ufficiali e i soldati al fronte; e i cittadini trincerati nelle loro case come il cosiddetto “fronte interno”.
Con una differenza però: la guerra di questi giorni contro il virus non è uno scontro armato tra nazioni, nemiche in nome interessi economici o di visioni ideologiche, ma un fronte comune per contrastare questa tragica pandemia, che vede cointeressate le istituzioni politiche, economiche e scientifiche, nazionali e sovranazionali, a oriente come a occidente, sia pure con divisioni tra i governi sulle scelte di politica economica e sanitaria.
Gli italiani per primi in Europa hanno saputo affrontare questa drammatica situazione e le necessarie restrizioni alle loro libertà di movimento e di socializzazione, dimostrando di aver recuperato in questa circostanza un forte senso civico e anche una forte coesione sociale e nazionale, tra l’altro con manifestazioni sui balconi e alle finestre (canti, musica, bandiere tricolori e inni patriottici). Lo stesso patriottismo si manifestò in un altro momento critico della nostra Storia, l’ultimo anno di guerra, dalla disfatta di Caporetto alla battaglia di Vittorio Veneto, che sancì la vittoria italiana nella Grande Guerra. Infatti paradossalmente la sconfitta di Caporetto rianimò il sentimento di Patria, minacciata dagli invasori austriaci e tedeschi: nelle trincee, in una babele di dialetti, un popolo giovane (i “ragazzi del ’99”) diventò una Nazione. In tutta Italia, dal capo del governo al semplice cittadino, i partiti e la società civile, uomini e donne sostennero con tutti mezzi i fanti contadini nella riconquista dei confini della Patria e nel compimento dell’Unità italiana con l’annessione di Trento e Trieste. Nei drammatici mesi di ottobre e novembre del 1917 si ricompose pertanto quella divisione tra interventisti e neutralisti, tra Paese legale e opinione pubblica, che nei mesi precedenti all’entrata in guerra dell’Italia avevano lacerato la coscienza degli italiani. E in quegli anni difficili e drammatici il “re soldato” Vittorio Emanuele III raccolse attorno a sé questa ritrovata unità nazionale.
A cento anni di distanza il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che come recita l’art.87 della Costituzione italiana rappresenta l’unità nazionale, non si è sottratto al compito di rivolgersi alla nazione con puntuali interventi televisivi, rassicurando i cittadini sull’esito positivo di questa diversa, ma piu infida guerra contro il Coronavirus, ma anche riconoscendo le loro virtù civiche e il senso del dovere rispetto alla crisi sanitaria ed economica del loro Paese, oltre a richiamare i nostri alleati europei a un maggiore senso di responsabilità nei confronti dell’Italia. Ha infine ricordato che il popolo italiano ha dato il meglio di sé nei periodi di crisi postbellica, come negli anni della ricostruzione dopo le macerie e i lutti della Seconda guerra mondiale. Furono anni difficili, di enormi sacrifici e anche di tensioni e contrapposizioni sociali e politiche; ed è però vero che le nostre madri e i nostri padri ricostruirono un Paese distrutto e umiliato e ne fecero in due decenni una grande potenza industriale. Furono anche gli anni della ritrovata libertà politica e di riscoperta della democrazia dopo gli anni del Fascismo. E la Costituzione repubblicana fu scritta con il concorso di tutte le forze politiche che avevano partecipato alla Resistenza.
Il prossimo 25 aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, una data fortemente simbolica nella storia del nostro Paese e purtroppo non ancora pienamente condivisa dal popolo italiano per le contrapposizioni politiche e ideologiche del dopoguerra, potrebbe invece rafforzare i valori comunitari e l’unità nazionale, per poter vincere con meno lutti e meno disastri sociali la guerra con il Coronavirus, che sta minacciando la nostra esistenza sia di individui che di popolo, la nostra convivenza civile e il futuro dei nostri figli.