Mamma li Turchi era il grido che nella cultura popolare salentina racchiudeva insieme la tragedia di Otranto del 1480 ( quando avvenne l’assedio, la conquista, il saccheggio ed il massacro degli abitanti della città salentina da parte di un esercito ottomano) e il clima di continuo allarme di quegli anni quando le scorrerie erano all’ordine del giorno, soprattutto sui tratti della costa pugliese esposti proprio alle incursioni dei turchi.
Dagli anni 90 del secolo scorso il Mediterraneo ha visto invece un flusso crescente di migranti dall’Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa, verso le coste spagnole, italiane e greche su imbarcazioni di fortuna, pescherecci e gommoni e nel caso tragico e purtroppo frequente di naufragi con l’intervento di navi di organizzazioni internazionali di volontariato o della guardia costiera e della marina militare italiana.
Negli ultimi dieci anni, dal 1 gennaio 2008 al 30 agosto 2017, sono sbarcati in Italia circa 779. 800 migranti a Pozzallo, Catania, Lampedusa ed altri porti soprattutto del Sud ( dati del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Ministero degli interni) e le motivazioni di questa invasione pacifica sono economiche (per sfuggire alla povertà, per cercare migliori condizioni di vita e di lavoro), politiche (dittature, persecuzioni, oppressioni, guerre, genocidi, pulizia etnica), di tipo religioso (impossibilità di praticare il loro culto religioso), di disastri naturali (tsunami, alluvioni, terremoti, carestie).
Se pure i migranti non rappresentano una minaccia come le scorrerie dei turchi nei secoli passati la presenza tra le loro fila di numerosi clandestini, un atteggiamento troppo garantista e assistenzialista dello stato nei loro confronti rispetto ai ceti meno abbienti e meno tutelati della popolazione italiana, diversità di costumi ed atteggiamenti di prevaricazione se non aggressione verso le donne, il vivere nella maggior parte di loro senza occupazione e senza casa oppure l’essere sfruttati da schiavi nel mercato del lavoro nero ed essere segregati nei quartieri degradati delle nostre città o peggio ancora essere costretti a delinquere, tutto questo ha alimentato paure e timori tra gli italiani e purtroppo Mamma …li migranti ! è diventato il grido di allarme di chi vuole strumentalizzare le paure (anche quando motivate e non irrazionali) per calcoli politici o per indurre a pregiudizi xenofobi.
Pertanto il fenomeno dell’immigrazione è una questione complessa, che non può essere affrontato sotto un’unica prospettiva (favorevole/contraria, accoglienza o respingimento): accanto al diritto degli individui a fuggire dal loro paese quando la situazione diventa insostenibile, sussiste il diritto degli Stati di proteggere i propri confini e regolare gli ingressi e quindi il fenomeno deve essere affrontato, sulla base di decisioni politiche condivise e non di ricatti emotivi e soprattutto ideologici di chi ancora ripropone la visione terzomondista e sessantottina dei Dannati della terra ( libro di Frantz Fanon negli anni 60 del Novecento), di emancipazione rivoluzionaria degli sfruttati del terzo mondo contro il capitalismo imperialista.
Tra l’altro sempre dai dati del Dipartimento degli Interni gli sbarchi in Italia ultimamente sono fortemente diminuiti grazie soprattutto alla politica più restrittiva sul piano dell’accoglienza del ministro Minniti del precedente governo:
Anno 2016 : 181.436 sbarchi
Anno 2017 : 119.369 sbarchi
Anno 2018: 16.551 sbarchi (dato al 26 Giugno 2018)
Pertanto il problema dell’emigrazione di massa si sta spostando dai confini italiani ed europei ( che ancora comunque sussiste) ai centri di raccolta sul territorio nordafricano, in particolare in Libia, ed ai paesi d’origine dei migranti, paesi nella maggior parte post-coloniali che non hanno conosciuto né la democrazia né uno sviluppo economico e culturale.
Ed andrebbe pure ricordato che proprio in questi paesi soprattutto i giovani hanno visto nel migrare verso l’occidente ricco e democratico una possibilità di riscatto non solo economico ma anche culturale, per cui una politica seria e rigorosa di accoglienza non può che prevedere per i migranti sia il diritto di cittadinanza ( Jus soli) sia il diritto all’istruzione (Jus culturae), far sentire cioè come cosa propria il patrimonio storico-culturale del Paese che li ospita.
Solo in un Paese orientato in senso comunitario, multietnico ma non multiculturale nella piena consapevolezza della sua Costituzione e delle sue leggi, chi è di un’etnia diversa o viene da un’altra cultura potrebbe davvero integrarsi ed avrebbe tutti i titoli per partecipare al progresso civile e politico della società in cui vive.