Monumento di Mazzini a Pisa
Moriva 150 anni fa a Pisa dopo aver svolto un ruolo chiave per l’unità italiana.
Luca Lunedì Corriere Fiorentino 10 marzo 2022
La Domus Mazziniana non è la casa dove è morto Mazzini. Non è un falso storico, è che quella vera, nella quale l’eroe del Risorgimento è morto il 10 marzo 1872 fu rasa al suolo dalle bombe il 31 agosto 1943.
«Era vicina alla stazione ferroviaria — spiega Pietro Finelli, direttore della Domus— che rappresentava un bersaglio strategico: da qui i tedeschi di facevano partire le bombe dirette al porto di Livorno e che da là sarebbero arrivate alle batterie di prima linea. Gli alleati decisero di interrompere quella linea di riferimento e in poco tempo rasero al suolo tutto il quartiere di Porta a Mare». Quella che oggi sorge a pochi metri dal murale di Keith Haring ne è quindi l’erede e ne raccoglie il testimone di baluardo della memoria. Ed è qui che oggi viene inaugurata la mostra filatelica Dare un volto all’idea. L’immagine di Mazzini nella filatelia” e sarà emesso il francobollo commemorativo da parte di Poste Italiane con annullo filatelico «primo giorno».
A presenziare alle celebrazioni sarà anche il presidente della Camera Roberto Fico, il terzo in carica a visitare la Domus dopo Gronchi e Gianfranco Fini, tre come pure i presidenti della Repubblica che sono venuti, negli anni, a scoprire il Mazzini inedito che questa casa racconta: fu Einaudi nel 1952 ad inaugurarla, poi Ciampi nel 2004 e Napolitano nel 2011. «La storia della nostra democrazia è passata da quelle mura ben prima della nascita della Repubblica, la casa che ospitò Mazzini dal 6 febbraio 1872, e che lui abitava sotto il falso nome di Giorgio Brown, era casa Rosselli-Nathan. Il padrone di casa era Pellegrino Rosselli, antenato di Carlo e Nello Rosselli (a Pisa c’è la via Fratelli Roselli), figure di spicco dell’antifascismo mentre la moglie di Pellegrino, Giannetta Nathan, era la sorella di Ernesto, il primo sindaco moderno di Roma e l’unico ancora oggi di origine ebraica».
A portare Mazzini a Pisa fu il clima, o meglio le condizioni favorevoli per un malato di enfisema polmonare che vedeva la sua fine avvicinarsi ma non voleva mollare la presa in un momento così importante della nostra storia repubblicana: «C’era in quel momento uno scontro fortissimo tra due visioni dell’Italia che sarebbe stata — spiega Finelli — ne troviamo traccia nelle lettere che Mazzini scrisse in quei mesi: da una parte la visione di Bakunin e della sua rivoluzione continua, dall’altra Crispi: erano gli anni della Comune di Parigi e dell’Internazionale, Mazzini era ancora un’importante figura di riferimento e ne era consapevole». In quei giorni, il 7 marzo, Mazzini scrive in un articolo per il Roma: Le nazioni sono le operaie dell’umanità, «Una frase che verrà recitata anche durante le celebrazioni — continua Finelli — data la sua grande attualità».
E proprio la modernità di Mazzini è al centro dell’opera di divulgazione portata avanti dalla Domus negli anni: «L’idea di una nazione senza nazionalismi, il dovere civico come impegno dei singoli, la libertà alla base del bene comune — spiega — questi sono gli insegnamenti attuali che troviamo nei suoi scritti, l’idea che la comunità si regge solo se composta da uomini liberi e oggi, vedendo quello che succede a poche migliaia di chilometri dai nostri confini, possiamo apprezzarne ancora di più il significato». Un lavoro di ricerca e documentazione che si rivolge in particolare ai più giovani: «La memoria storica è la base per la costruzione di una cittadinanza consapevole».
La stessa facciata è un’opera letteraria, si tratta infatti di uno stralcio del giuramento della Giovane Italia: «Il testo fu scritto a Marsiglia nel luglio del 1831, un momento fondamentale perché con quel giuramento cambia l’idea di cosa vuol dire essere italiano. Fino alla fine del 1700 essere italiano voleva dire parlare, o meglio scrivere poesie in italiano. L’eredità italiana era un’identità culturale, molto colta: pochissimi italiani parlavano italiano. La conoscenza della lingua italiana è una conoscenza che si è sviluppata nel corso del tempo. Con la Giovine Italia è italiano colui che vuole trasformare l’identità culturale in una identità politica. Gli italiani decisero di stare insieme, non venne imposto loro da guerre. Con queste parole del giuramento della Giovine Italia nasce l’Italia così come la conosciamo noi, e l’unica copia autografa di Mazzini di tale giuramento esistente al mondo è qui conservata. Questo manoscritto è stato donato dagli eredi di Giuseppe Giglioli, amico di lotta del patriota rivoluzionario, alla sua morte». Si svela anche un Mazzini inedito, lontano dall’iconografia da testo scolastico, fronte alta e barba già bianca, ma esce l’uomo accanto alla figura storica: «Sì, Mazzini non è solo “Quel volto che giammai non rise” come lo ha descritto il Carducci, anzi viene fuori una personalità anche gioviale. Qui abbiamo esposta la sua chitarra e sono molte le testimonianze dei suoi contemporanei che ce lo descrivono, nelle serate in compagnia, usarla per suonare e accompagnare la musica con il canto. Ecco, forse questa immagine gli rende maggiore giustizia». La Domus Mazziniana è stata inserita nel 2002 nella rete degli Istituto Storici di interesse nazionale e nel 2009 il comitato dei garanti per le celebrazioni del 150 anniversario dell’Unità d’Italia l’ha individuata tra il «luoghi della memoria» legati a «momenti fondamentali della storia nazionale».
Monumento di Mazzini a Firenze