LETTERE al CORRIERE DELLA SERA 20 dicembre 2019
Caro Aldo, ragionando sulla capitale ideale, lei ha citato Torino, Napoli, Firenze e, ovviamente, Roma. Milano è volata via. Ho detto bene: volata, come le anime che vanno in alto. Non riesco a spiegarmi diversamente il suo tacere. Che Milano sia l’anima d’italia lo sottolineano le frequenti visite in città del presidente Mattarella. Ma quali sono le ragioni per cui non è mai stata scelta nemmeno come capitale provvisoria? Sarebbe interessante conoscerle perché forse Milano deve ringraziare la storia. Credo che la prerogativa di essere capitale morale la debba al fatto (storico) di non essere capitale politica. Alessandro Prandi
Caro Alessandro, all’inizio del Risorgimento, Torino e Milano erano due medie città europee di circa 140 mila abitanti, molto più piccole di Napoli. Milano aveva ed era destinata ad avere un immenso prestigio culturale: fulcro dell’illuminismo italiano, città natale e d’adozione dei due artisti più importanti dell’ottocento, autori del romanzo e delle opere fondativi dell’unità nazionale: Alessandro Manzoni e Giuseppe Verdi (i due si stimavano moltissimo e il loro incontro fu commovente). Torino però era la capitale di uno Stato piccolo ma fiero e indipendente, l’unico ad avere una tradizione militare, un arsenale, un esercito, e un genio come Cavour. Milano era occupata dalle truppe austriache, spesso violente, come quando stroncarono a schioppettate e sciabolate lo sciopero del fumo (ma che furono sconfitte dal popolo in armi nelle Cinque Giornate). La presa dell’Austria sull’Italia era ferrea: il Lombardo-veneto faceva parte dell’impero, i ducati di Parma-Piacenza e Modena-Reggio e il Granducato di Toscana erano pertinenze degli Asburgo, che avevano diritto di veto sull’elezione del Papa. Il re di Napoli — così non facciamo arrabbiare i nostri amici neoborbonici — aveva la ferrovia per andare dalla reggia di Napoli a quella di Portici, il bidet e l’oro del Banco, che ovviamente non era dello Stato e tantomeno del popolo ma appunto del sovrano assoluto, i cui cannoni puntavano sulla città e non su invasori che non erano alle viste. Va riconosciuto però che Napoli fu oggettivamente sfavorita dall’unificazione. Milano ne trasse invece vantaggio. La sua antica tradizione mercantile e le sue relazioni con il Nord-europa ne uscirono rafforzate. E la definizione di capitale morale non deve dispiacere: lo si è visto anche martedì scorso in Galleria, con seicento fasce tricolori attorno a Liliana Segre. Questo non deve far dimenticare che Milano fu anche la città natale del fascismo. E per un tempo fu ribattezzata Tangentopoli. Alessandro Cazzullo