Il 3 novembre di quest’anno ricorrono 150 anni della battaglia di Mentana, quando nel 1867 fu sconfitto dalle truppe francesi il generoso tentativo dei Garibaldini di raggiungere e conquistare Roma.
Per ricordare questa sfortunata impresa a Firenze nel 1901 l’antica piazza della Trave che si affaccia sull’Arno prese appunto il nome di piazza Mentana ed al centro nel 1902 fu collocato un monumento ai Caduti di Mentana e Monterotondo, commissionato dalla Società dei Reduci Garibaldini e realizzato dallo scultore Oreste Calzolari, lo stesso che qualche anno più tardi avrebbe realizzato un’altro monumento risorgimentale, L’incontro di Teano tra il Re e Garibaldi, nella centrale piazza Mino di Fiesole.
Il gruppo scultoreo di marmo presenta le figure di due garibaldini: il primo, in piedi, tende il corpo e lo sguardo verso il nemico, contro il quale allunga un braccio armato di rivoltella mentre con l’altro sostiene il compagno morente, riverso all’indietro e abbandonato, seppure ancora in grado di stringere l’asta della bandiera (realizzata in bronzo).
Di fatto da alcuni anni il monumento è scomparso alla vista e alla memoria dei fiorentini, in quanto per le sue condizioni di degrado il Comune di Firenze lo ha inserito tra gli interventi di restauro su beni culturali siti sul proprio territorio ( ben 60!), e quindi da tempo immemore uno alto steccato di legno nasconde il gruppo scultoreo; tra l’altro per sostenere questo oneroso impegno il Comune ha promosso un bando di gara per reperire sponsor in grado di garantire il finanziamento di tutte le opere. Ad oggi solo pochi beni culturali sono stati restaurati e tra questi non è compreso il monumento di piazza Mentana!
Ma anche altri monumenti risorgimentali a Firenze , pur non nascosti da ponteggi di restauro, sono come fossero presenze – assenze nel panorama urbano cittadino: il monumento equestre di Vittorio Emanuele II sta isolato alle Cascine, Bettino Ricasoli è dirimpettaio di Ubaldino Peruzzi in Piazza Indipendenza, ignorati entrambi da passanti frettolosi, Manfredo Fanti, tutto impettito, fa da rifugio per i piccioni di piazza San Marco, Garibaldi sembra sorvegliato dai poliziotti che vigilano sul consolato americano , tanto per fare alcuni esempi.
Testimonianze silenti di un passato eroico, oggi questi monumenti hanno perso il significato politico- storico per cui erano state realizzati, riemergono dall’oblio solo in occasione di ricorrenze istituzionali senza un rapporto vivo con le nuove generazioni.
Esistono solo come segni urbani, sia di arredo sia di riconoscimento del luogo dove sono posti.
Per tornare ad essere monumenti alla memoria (e non all’oblio) soprattutto per i giovani, perché nelle scuole non potrebbero diventare, se visitati e studiati, un utile supporto didattico per una conoscenza meno superficiale della storia d’Italia ? Ovviamente spogliandoli della valenza retorica che possiedono in quanto testimonianze celebrative ed inserendoli nella lettura dei reali processi storici che hanno portato all’identità culturale e politica del nostro Paese.
Sergio Casprini