L’immagine di Greta Thunberg nell’arena del Palazzo di Vetro, che sferza i potenti del mondo – novello Davide non armato di fionda, ma di una dura reprimenda – ha ipnotizzato l’opinione pubblica internazionale.
Il suo intervento allarmato di fronte ai rappresentanti delle nazioni ha soprattutto colpito l’immaginario dei giovani di tutto il mondo, che sono scesi in piazza in massa a manifestare contro la politica degli Stati che non fanno abbastanza per fermare il riscaldamento dell’atmosfera terrestre.
Venerdì 27 settembre anche in Italia tantissimi studenti, su indicazione del movimento di Greta Friday for future, hanno scioperato per la salvezza del pianeta; una mobilitazione per molti aspetti apprezzabile, dato che i giovani lottano per un nobile scopo, evidenziando la gravità del problema climatico e difendendo pertanto il loro futuro.
In tempi poi di solipsismo individuale, in cui troppi sono in relazione quasi solo con il loro smartphone, ritrovare in queste manifestazioni una dimensione collettiva dove condividere ideali e valori fa ben sperare in una crescita politica ed etica dei nostri giovani. Una crescita però che vada di pari passo con la riflessione e lo studio, che è poi l’unico modo per comprendere il mondo e costruire seriamente il proprio futuro. Altrimenti di questi momenti esaltanti di mobilitazione resterà solo l’aspetto emozionale, con il rischio di restare suggestionati da letture semplicistiche della realtà e, quello che è peggio, di essere condizionati da visioni ideologiche o apocalittiche dei processi storici di modernizzazione dell’Occidente e di condanna sic e simpliciter del progresso umano.
Dal secolo dei Lumi a oggi è diminuito drasticamente il numero dei bambini decimati dalla fame e dalla malattie in tutto il mondo. La disponibilità di acqua potabile è cresciuta enormemente anche nei paesi più afflitti dalla sete. Il progresso scientifico ha messo a punto farmaci che hanno debellato malattie responsabili di stragi tra gli esseri umani indifesi. Non si tratta certo di fare un peana delle magnifiche sorti e progressive dell’umana gente, senza vedere, insieme alle luci, anche le ombre della modernità, come l’uso indiscriminato delle risorse energetiche a danno dell’ambiente e del clima.
Dopo i Lumi nascono anche molti degli Stati moderni attraverso i risorgimenti nazionali, come in Italia, dove il processo risorgimentale portò indipendenza e unità al nostro Paese, ma anche progresso sociale ed economico. Fin dalla nascita dello Stato italiano, la classe dirigente d’allora si pose il problema della tutela dei beni artistici e paesaggistici, per evitare che un processo di modernizzazione senza regole e vincoli compromettesse i luoghi e i monumenti costitutivi della nostra identità culturale.
Cominciò a svilupparsi una sensibilità ecologistica ante litteram, anche se allora, ovviamente, non si potevano prevedere gli effetti nocivi dei gas serra. Per esempio, il senatore ravennate della sinistra liberale Luigi Rava è stato padre delle prime leggi di tutela dell’ambiente e dei beni culturali emanate in Italia. Tra le altre, propose nel 1905 la prima legge paesaggistica d’Italia “Per la conservazione della Pineta di Ravenna“.
Il primo provvedimento organico di tutela del paesaggio fu emanato nel 1922 e porta il nome del filosofo Benedetto Croce, ministro della Pubblica Istruzione nell’ultimo governo Giolitti. Nella sua relazione introduttiva Croce invocava “un argine alle devastazioni contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo», in quanto la necessità di «difendere e mettere in valore le maggiori bellezze d’Italia, naturali e artistiche» rispondeva ad «alte ragioni morali e non meno importanti ragioni di pubblica economia”. Il paesaggio, suggeriva il filosofo, “altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della patria, coi suoi caratteri fisici particolari (…), formati e pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli”.
L’Italia infine è stato il primo stato al mondo che ha inserito nella sua costituzione il rispetto del paesaggio. L’articolo 9 della costituzione della Repubblica Italiana, al comma 2 recita: La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico artistico della Nazione.
Oggi il compito delle classi dirigenti italiane, a fronte delle tematiche ambientalistiche, non è quello di stracciarsi le vesti o peggio avallare acriticamente le proteste dei giovani, affidando a loro la salvezza del pianeta, o peggio ancora negando il valore della scienza e le conquiste del progresso tecnico-scientifico. Quello che di buono è stato già fatto nella tutela del patrimonio ambientale italiano, sia storico che paesaggistico, deve essere la base di un nuovo e più forte impegno, nella consapevolezza del nesso tra ambiente fisico con le sue modificazioni e i processi sociali, economici e culturali della storia umana.
Inoltre la crescita felice del Bel Paese è legata, da una parte. anche a una rinnovata e rigorosa formazione storica e scientifica della futura classe dirigente, per evitare superficialità e velleitarismo, dall’altra alla ricerca di regole e di limiti per uno sviluppo economico tanto necessario al bene della Nazione, quanto ambientalmente sostenibile.
Sergio Casprini