LETTERE al Corriere della Sera 18 marzo 2021
Caro Aldo, ogni anno mi chiedo perché la ricorrenza dell’Unità d’Italia continui a trascorrere in sordina. Se escludiamo le iniziative per il 150° anniversario (2011), non mi pare ci sia la dovuta attenzione per una data comunque importante per il nostro Paese. Eppure il 17 marzo del 1861 per l’Italia accadde qualcosa di straordinario. Roberto Tomassoni
Caro Roberto, la risposta alla sua giusta domanda potrebbe essere questa. La storia nazionale ci entusiasma, ci indigna, ci ispira quando incrocia la storia delle nostre famiglie; e sono poche le famiglie italiane che ricordano o conoscono qualche antenato che abbia fatto il Risorgimento. Questo non perché nel Risorgimento non ci sia il popolo: dopo le Cinque Giornate, Carlo Cattaneo andò all’obitorio a vedere chi fossero i 335 milanesi caduti, e notò che avevano mani callose, da artigiani, da operai; tra loro c’erano 38 donne e 4 bambini; non sarebbero bastati i «sciuri» a cacciare gli austriaci da Milano. Resta il fatto che le normali famiglie italiane, tranne magari quelle appassionate di araldica, non risalgono per i rami dell’albero genealogico fino al 1848. L’altro giorno ho visto sfilare in tv signori che si chiamano di cognome Garibaldi e Mazzini ma, parlando con rispetto, non è che ci possano dire molto dei loro illustri avi. Inoltre, la parte politica che ha fatto l’Italia, quella liberale, è praticamente estinta. Il Risorgimento non lo rivendica quasi nessuno; in compenso in Rete sono attivissimi i neoborbonici. Il Corriere del Mezzogiorno ha pubblicato un articolo terrificante ma prezioso di Pietro Treccagnoli, che raccontava di aver sentito con le sue orecchie a Gaeta un padre dire al figlio bambino: «I piemontesi sono stati e saranno sempre il male dell’Italia, dobbiamo odiarli». Così, tipo Amilcare Barca al giovane Annibale. Il piccolo dovrebbe invece leggere il libro di Dino Messina, Italiani per forza, che dimostra come i «40 mila morti» del «lager» di Fenestrelle siano in realtà 40, e che nelle «stragi naziste» di Pontelandolfo e Casalduni siano caduti più soldati italiani (non piemontesi; italiani) che civili.
Eppure, nonostante tutto questo, sono convinto che noi italiani siamo più legati all’Italia di quel che pensiamo di essere. Il senso della patria esiste. Per il senso dello Stato, riparliamone tra altri 160 anni. Aldo Cazzullo