LETTERE al Corriere della Sera 20 Marzo 2020
Caro Aldo, da appassionato di storia mi chiedo come mai il 17 marzo, anniversario della proclamazione dell’Unità d’italia, non sia mai stato proclamato giorno di festa nazionale (a parte le celebrazioni del 2011) come il 2 giugno o il 25 aprile. So che dal 2012 è stata dichiarata «Giornata dell’unità nazionale», ma di fatto questa data è quasi sempre passata inosservata. Penso che il nostro 17 marzo sia la commemorazione di un evento per noi veramente fondativo, al pari del 4 luglio statunitense o del 14 luglio francese, visto che il nostro Paese era diviso dai tempi delle Guerre Gotiche di Giustiniano nel VI secolo. Questa giornata meriterebbe molto più spazio. Che cosa ne pensa? Federico Poppelmann
Caro Federico, il 14 luglio, data della presa della Bastiglia (1789), rappresenta per i francesi la Rivoluzione, ed è la festa nazionale. Ovviamente la Rivoluzione si fece contro qualcuno. Monarchi, cortigiani, aristocratici, alto clero. Alla Rivoluzione seguì la Restaurazione, e il tentativo impossibile di fare come se non fosse accaduto nulla. E anche nella storia successiva della Francia c’è sempre stato un filone reazionario, forte anche di vasto consenso popolare, che si estinse (sia pure non del tutto, si pensi al terrorismo dell’Oas) con la fine del collaborazionismo di Vichy, sconfitto dalla storia, e grazie al fatto che il leader della Resistenza fosse un uomo di destra, sia pure repubblicana e cattolica, come il grande Charles de Gaulle. Insomma oggi il 14 luglio è festa per tutti i francesi, anche per i discendenti di coloro che avversarono la Rivoluzione.
Questo purtroppo non vale per l’Italia. Non vale per il 25 aprile, e neppure per il 17 marzo. Che simboleggia il Risorgimento. Una pagina straordinaria, di cui dovremmo andare fieri, ma che viene oggi vilipesa e negata da diverse correnti «culturali», dai venetisti ai neoborbonici.
Resta una consolazione: come stiamo vedendo in questi giorni, noi italiani siamo più legati all’Italia di quanto siamo disposti a riconoscere. Ne parliamo male, ma se lo fanno gli stranieri ci ribelliamo: l’Italia è come la mamma, la possiamo criticare soltanto noi. E la patria, intesa come terra dei padri — e delle madri —, è per noi una cosa seria. Aldo Cazzullo