LETTERE al Corriere della Sera 26 gennaio 2020
Caro Aldo, da italiano ( e da torinese) mi è stato ricordato tramite un articolo di Andrea Parodi sul sito de La Stampa che tra due mesi sarà il bicentenario dalla nascita di Vittorio Emanuele II, Padre della Patria. Mi stupisce e mi sorprende il fatto che nel nostro Paese, nessuno ha ancora pensato di organizzare qualcosa. Pare che almeno a Torino qualcosa si stia muovendo, ma manca del tutto una visione «nazionale». Forse gli italiani hanno ancora paura di un re morto da quasi un secolo e mezzo? Incredibile che a Napoli lo denigrino rimpiangendo i Borbone, e a Milano preferiscano celebrare la morte dell’invasore Napoleone nel 2021. Giovanni Barbero, Torino
Caro Giovanni, ci siamo già detti nei mesi scorsi che tutto quanto il Piemonte ha dato all’Italia, dal Risorgimento alla Resistenza alla rivoluzione industriale, è ora negato, vilipeso, denigrato, senza che dal Piemonte venga una risposta politico-culturale all’altezza della sfida.
Il suo omonimo Alessandro Barbero (ho controllato: non è parente) è una delle poche voci che si sono levate in difesa della realtà storica, ad esempio dimostrando — con il ricercatore Yuri Bossuto — che le presunte migliaia di scheletri di prigionieri napoletani nel «lager» di Fenestrelle sono in realtà quattro. Ma l’oblio di Vittorio Emanuele II non si spiega solo con la sua piemontesità. Direi che le cause sono due, una diretta e una subliminale. La prima: la monarchia è stata espunta dalla storia d’Italia. I Savoia non hanno quasi difensori, se non qualche figura talora un po’ patetica. E pensare che Vittorio Emanuele II era un personaggio da romanzo: sanguigno, coraggioso, grande soldato e grande amatore; adorava le donne e preferiva decisamente le popolane alle aristocratiche.
La seconda causa è che, nell’era del piagnisteo generale, si è giunti a pensare che essere italiani sia una sfortuna. Aver unificato l’Italia per molti nostri compatrioti non è un merito, ma un demerito. Per qualcuno addirittura un crimine.
Diceva de Gaulle che l’Italia non è un Paese povero; è un povero Paese. Mi rifiuto di crederlo. Ma molti italiani si comportano come se fosse davvero così. Aldo Cazzullo