Una conversazione con Ilaria Borletti Buitoni
Francesca Joppolo Wall Street magazine on line 17 febbraio 2019
Si capisce che manca poco. Ilaria Borletti Buitoni sta per dire loro quello che pensa. E non saranno parole carezzevoli soffiate in un flauto.
Gran signora, figlia e moglie di protagonisti della storia industriale del nostro paese, è militante in parecchi campi di battaglia: arte, cultura, paesaggio (è stata presidente del FAI, Fondo ambiente italiano, dal 2011 al 2013, sottosegretario del Ministero dei Beni culturali dal 2013 al 2016), diritti civili, cooperazione internazionale (nel 1993 ha contribuito alla nascita di Amref Italia Onlus, che sostiene programmi sanitari e scolastici in Africa orientale), musica classica (con il marito Franco Buitoni, orecchio assoluto, ha creato a Londra il Borletti Buitoni Trust che promuove talenti d’eccezione di tutto il mondo, in particolare nella musica da camera). Adesso è ferita nei sentimenti, scandalizzata, nauseata. Non per questo piange e si crogiola sul dondolo di un magnifico giardino: è in azione come d’abitudine. In Africa per l’Amref ci va, per esempio, non fa la dama di carità alla lontana. E adesso che è ferita nei sentimenti, scandalizzata e nauseata, cala su Firenze: autorevole, ironica, incoronata da una chioma fenomenale, che è una dichiarazione d’indipendenza e combatte insieme con lei fino all’ultima ciocca. Il marito, amato, è sepolto al Cimitero agli Allori di Firenze, dove giacciono anche i nonni di lui.
“Così ho scoperto questo luogo straordinario” esordisce.
Gli Allori, dal nome del podere dove è stato edificato nel 1878 per custodire, al principio, solo le spoglie dei morti protestanti di Firenze, è una delle innumerevoli bellezze fiorentine che sfuggono ai turisti di mezza giornata, quelli che scambiano la cupola del Brunelleschi per il Cupolone, il Campanile di Giotto per la torre di Pisa, e sono molto irritanti. È un posto che sfoggia decenni di scultura, un museo, perché molte delle tombe sono monumentali, adornate da angeli, tempietti, busti, ghirlande di foglie, figurette virginali, medaglioni, colonne, simboli religiosi e laici. È un posto che racconta come la convivenza di genti diverse sia auspicabile e feconda. Gli Allori custodiscono le memorie di vite inglesi, americane, russe, francesi, tedesche, ungheresi, svizzere. Italiane, naturalmente. C’è qualche ebreo, anche se a Firenze ci sono cimiteri ebraici. C’è qualche musulmano. La lettura delle lapidi è un viaggio sepolcrale eppure non macabro da Kansas City a Mosca. S’incontrano, fra gli altri, Vernon Lee, Violet Trefusis, John Pope-Hennessy, Roberto Longhi, Ludmilla Assing, Federico Stibbert, Lina Cavalieri. Ma è un posto in rovina.
“Non esiste nessuna progettualità né trasparenza. Chi va lì e ha la tomba non ottiene nessuna risposta – dice Ilaria Borletti Buitoni -. Ci sono problemi di stabilità strutturale nel muro che divide la parte monumentale, è crollato il tetto dell’emiciclo dove ci sono le tombe di Sir Harold Acton e Anna Meyer. I cipressi antichi andrebbero potati, il verde sistemato con il disegno giusto. Bisogna recuperare le tombe monumentali che magari non hanno più le famiglie a seguirle, ma sono la storia, il segno distintivo del cimitero. Grazie al lavoro di Grazia è tutto raccontato, documentato (Grazia Gobbi Sica, architetto, ha scritto In Loving memory, un minuzioso e affascinante ‘catalogo’ delle sepolture e delle storie a esse legate, un’opera che profuma di eroismo da studiosa, e ha creato gli Amici degli Allori, che presiede, per curare, restaurare e far conoscere il cimitero. Ilaria Borletti Buitoni è la vicepresidente dell’associazione n.d.r.). Poi c’è il problema secondario, ma non secondario, della manutenzione che finora non ha soddisfatto per niente.
La Chiesa riformata svizzera – continua Ilaria Buitoni Borletti – possiede il tutto e ha la maggioranza del consiglio. Da loro non abbiamo né collaborazione, né risposte. Non intendono affrontare il problema. Noi come Associazione degli Allori abbiamo proposto molte cose e non ci hanno nemmeno risposto. La soluzione è creare una fondazione, con più soggetti, anche pubblici per accedere ai fondi pubblici”.
In una lettera datata 4 ottobre 2018, con il resoconto del primo anno di attività dell’Associazione, indirizzata alla presidente e ai delegati del Comitato del Cimitero Evangelico degli Allori, infatti Grazia Gobbi Sica scriveva: “[…] Infine per dare al Cimitero una forma giuridica più stabile con la quale garantire programmi di investimento per il recupero e la valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico che agli Allori è custodito, proponiamo che sia costituita una Fondazione di partecipazione con l’intervento di Comune di Firenze, Regione Toscana, Cassa di Risparmio di Firenze e l’Associazione stessa. Su questa idea è possibile aprire un tavolo di confronto con il Comitato e con le Chiese che vi trovano rappresentanza?”. Il tavolo di confronto non è stato aperto.
“Non ci hanno nemmeno risposto – prosegue Ilaria Buitoni Borletti -. Lo trovo incomprensibile, avranno lì i loro cari, penso… È un dovere morale occuparsi del cimitero. Noi abbiamo comprato la tomba tanti anni fa, pagandola moltissimo, in un contesto ordinato che ora è disordinato. Ci fanno sentire indesiderati. Ho sistemato le tre tombe accanto a quella di mio marito: a parte il dolore di averlo perso, non voglio vedere il degrado. Io sono milanese, ho la tomba di famiglia al Cimitero monumentale che è pulito, tenuto come una clinica. Mi colpisce molto che chi ha amato Firenze, città d’arte, di storia, di cultura e a Firenze ha portato arte, cultura ed è sepolto agli Allori sia trattato così perché i proprietari non si sa che cosa vogliono fare, se abbandonarlo del tutto o che altro. Tu vendi una tomba e fai trovare cartacce e decadenza? Insomma, abbi un po’ di rispetto!”.
Estrema la conclusione di Ilaria Borletti Buitoni, da pietra tombale: “Se continua così, io prendo quel che resta di mio marito e lo porto a Perugia, dove c’è un bellissimo cimitero a sette minuti da casa mia”.