LETTERE Corriere della Sera 2 Agosto 2020
Caro Aldo, a Fiorenzuola due ragazzi si sono messi a cavalcioni sul monumento al milite ignoto facendosi delle foto. Lei crede che se qualcuno, anche a scuola, avesse spiegato loro bene quanto tributo di sangue la Patria (che è anche la loro) ha versato per poter continuare a chiamarsi Patria avrebbero avuto più rispetto del monumento? Nel suo libro «Breviario per un confuso presente» (Einaudi) Corrado Augias scrive: «Che molti sedicenni siano più interessati a WhatsApp che alle guerre del Risorgimento si può capire. La seduzione degli strumenti elettronici è irresistibile. Ma le ragioni per cui Cavour mandò la contessa di Castiglione da Napoleone III a perorare la causa italiana potrebbero non essere meno seduttive, se ben raccontate. Alessandro Prandi
Kim Kardashian
Caro Alessandro, sono d’accordo con Corrado Augias, e con lei. Non è vero che la storia è noiosa. La storia italiana in particolare è appassionante. Perché i nostri patrioti hanno questo di straordinario. Non sono generali vittoriosi. Non sono — tranne rare eccezioni — monarchi o presidenti illuminati. E non sono neppure dominatori di altri popoli, o tiranni che hanno sparso sangue altrui a maggior gloria propria. I nostri patrioti sono fondamentalmente uomini e donne che hanno saputo morire. Morire bene, senza piagnucolare, senza scrivere una sola parola di odio per i carnefici, esprimendo un profondo desiderio di pace e di amore per l’umanità. Ecco, mi rendo conto di espormi al ridicolo, ma io trovo che l’ultima lettera di Ciro Menotti, dove prima di essere impiccato invita la moglie a ritrovare il proprio viso in quello dei figli, e a ricordargli che il padre ha sempre amato il prossimo — «pensa ai figli e in loro sèguita a vedervi il loro genitore; e quando l’età farà conoscere chi era, dirai loro ch’era uno che amò sempre il suo simile» —, ecco trovo che queste parole siano infinitamente non solo più nobili ma soprattutto più interessanti, o se preferisce più cool, più smart, più fiche, di qualsiasi post di Kim Kardashian o di qualunque altro idolo del web, con il quale i nostri ragazzi passano le loro giornate. Non sono così sciocco da pensare di sostituire i videogames con le lettere dei condannati a morte del Risorgimento o dell’irredentismo o della Resistenza. Ma ci dev’essere una via di mezzo tra lo studio della storia e la totale alienazione prodotta dalla Rete. Nella famiglia in cui sono cresciuto non entravano Panorama ed Espresso; leggevamo Oggi e Gente. Ma a parte che vi scrivevano ogni settimana Indro Montanelli, Nantas Salvalaggio, Mario Cervi, i rotocalchi se non altro si occupavano di persone vere: i regnanti d’Europa, i presidenti americani, lo Scià di Persia. Sapevamo tutto di Reza Pahlevi; e quando in Iran scoppiò la rivoluzione, se non altro capivamo cosa stava succedendo, a chi, e dove. I nostri ragazzi crescono in un mondo immaginario, abitato dalle star del web, inquietanti ibridi tra fotoshop, chirurgia estetica, palestra, algoritmi e social media manager. La vita virtuale prende il posto della storia e della realtà.
E il Risorgimento, l’irredentismo, la Resistenza e pure l’avvento della dittatura islamica in Iran sono come le guerre puniche o il pitecantropo: cose accadute ad altri molto tempo fa, che non ci interessano e non ci riguardano. Aldo Cazzullo
Modena. Monumento a Ciro Menotti