La seduta inaugurale del primo Congresso delle donne italiane il 23 aprile del 1908 a Roma nella Sala degli Orazi e Curiazi del Campidoglio
Valeria Palumbo Corriere della Sera 4 luglio 2020
Che razza di categoria è «donne», accanto a collane di libri dedicate a scrittori, filosofi, economisti, musicisti, magari cuochi?
Anna Kuliscioff
Paradossalmente è proprio questo dubbio che crea l’esigenza di un’iniziativa a loro dedicata: da martedì 7 luglio esce infatti in edicola sul Corriere della Sera una raccolta di biografie inedite di donne. Un po’ come le quote rosa: non ci piacciono, ma finché ai signori che siedono in qualsiasi consesso in cui si decide non verrà in mente che tra di loro devono esserci anche donne, bisogna applicarle. Per un principio di equità. Ma anche perché così, ormai è provato, le cose vanno meglio. E perché il mondo non può più permettersi di sprecare metà del suo talento.
Per questo è bene rifare la lista delle donne che hanno cambiato la storia. Quello vero, di elenco, è lunghissimo e ancora abbastanza inedito. Ma già uno sintetico aiuta. Per esempio, a capire che le ragazze, oggi, non partono da zero. Ma viaggiano sulle spalle di giganti. E che quelle giganti ( anche il termine « gigantesse » ha il suo fascino) non hanno soltanto posto le premesse della parità. Hanno anche schiuso le porte di nuovi mondi. Maria Montessori ha cambiato la pedagogia. Marie Curie, con gli studi sulla radioattività ( che le sono valsi due Nobel, per la Fisica nel 1903 e la Chimica nel 1911), ha rivoluzionato la scienza. Madre Teresa di Calcutta ha reinventato i doveri verso gli ultimi. Emmeline Pankhurst ha imposto le donne nell’ agenda politica. E Indira Gandhi ha dimostrato che potevano guidare un grande Paese anche senza essere nate con una corona in testa.
Comunque, non c ’è bisogno di rivoltare il mondo come un calzino ( cosa che peraltro Rosa Luxemburg avrebbe fatto volentieri) per essere « grandi » . Soprattutto l’essere nate con la corona in testa non è mai stata garanzia di nulla, visto che gli uomini sono riusciti a inventarsi di tutto, dalle gerarchie celesti alle leggi saliche, per impedire che le donne salissero sul trono. Il bello è che molti di loro sono saliti e rimasti in sella proprio perché dietro le quinte agiva una donna: Agrippina è il caso più clamoroso, non solo per il figlio Nerone, ma per lo zio- marito Claudio; Caterina de’ Medici tenne le redini della Francia, in successione, mentre suo marito Enrico II combatteva, suo figlio Francesco II si allenava a fare il re, l’altro figlio Carlo IX diventava grande e il fratello Enrico III lo sostituiva sul trono.
Caterina de’ Medici
Eppure, l’ostinazione a non concedere il potere alle donne si scontra con l’evidenza che l’hanno esercitato da sempre. La collana del « Corriere » , che inizia il 7 luglio con Marie Curie, include la celebre Cleopatra. Ma l’Egitto si era concesso sovrane ben prima. Certo, poi ci fu chi, come Caterina II di Russia, lo scettro se lo prese da sola e fece benissimo: il marito, Pietro III era un pericoloso incapace. E ci fu chi, come la regina Vittoria, lo trovò quasi per caso ma seppe farne buon uso.
Merito anche di chi l’aveva preceduta secoli prima, Elisabetta I, vero genio della politica. Figlia di Enrico VIII e della sua seconda moglie, Anna Bolena, Elisabetta salì sul trono inglese nel novembre 1558 e regnò 45 anni. Subì pressioni di ogni sorta perché si sposasse, garantendo così un erede alla corona, ma aveva capito che un matrimonio non avrebbe messo in discussione solo il suo potere, ma l’indipendenza dell’Inghilterra ( se avesse sposato un rampollo di qualche altra dinastia regnante) o la sua pace interna ( se avesse sposato un nobile locale). E così si inventò un’immagine geniale, quella di « regina vergine » , che le permise di stabilire alcuni principi fondamentali: che lei incarnasse in modo totale ed esclusivo la sovranità e che il diritto di regnare le venisse da Dio e non dal fatto di essere madre di futuri re. E che il suo nubilato ( condito di tempestose storie d’amore e sesso) ne facesse la sposa e la madre di tutti i suoi sudditi, garante del patto tra il popolo e il trono e tra questo e il cielo, visto che era pure capo della Chiesa anglicana.
Artemisia Gentileschi
Elisabetta e le altre protagoniste della collana del « Corriere » sono state grandi donne: in campi diversi, dalla pittura, come Artemisia Gentileschi, alla poesia, come Saffo. Ricordarne il peso, il ruolo e il valore, serve anche a puntualizzare che l’importanza delle donne del passato non sta nel riempire, con biografie mirabolanti, i buchi lasciati « generosamente » liberi nella storia ufficiale maschile. Ma significa ribaltare la prospettiva: quella che ci è stata raccontata finora non è la Storia. È una delle storie. Anche solo narrando le difficoltà che tutte queste donne incontrarono, si scardina l’idea che l’umanità sia stata una sorta di cera molle su cui pochi vincitori e molti vinti, tutti maschi, hanno lasciato la loro impronta indelebile.
La storia è sempre stata più complessa, conflittuale e contraddittoria di quanto si tende a pensare. E le donne, abituate a sfruttarne ogni crepa per respirare un refolo di libertà, ne sono le più straordinarie maestre di spariglio. In attesa —e il momento è giunto — che vengano più equamente ridistribuite le carte.
Delegate americane a bordo della nave Noordam, che le porta all’Aia in Olanda al Congresso internazionale delle donne per la pace dal 28 aprile al 1°maggio 1915