Caro Direttore
Ho letto il tuo editoriale “L’Italia alla canna del gas” del 1 settembre, sulla necessità di un impegno di noi tutti a non sprecare gas, carburante, elettricità, in un momento come questo. Sono ovviamente d’accordo. Sono persuaso di questo da circa settant’anni. Mi permetto tuttavia qualche osservazione. Dal mondo della politica, a due settimane dalle elezioni, ascolto vecchi mantra e nessuna proposta. Né per il lavoro che in Italia scarseggia, o non è tutelato, né per progettare nel tempo un programma serio di fonti energetiche alternative (come hanno fatto in Portogallo, dove utilizzando pale eoliche, enormi boe oceaniche e grandi isole galleggianti di pannelli solari sono riusciti a produrre, con costi contenuti, il 60 per cento della energia che consumano). E qui in Italia tutto quello che sappiamo dire è di spegnere i termosifoni. Io e te siamo nati in un’epoca di risparmi, quando anche nelle famiglie borghesi si spegnevano le luci inutili e ci si lavava con acqua fredda, i vestiti, crescendo, ce li passavamo tra fratelli e cugini e l’olio fritto si recuperava regolarmente. Ma per i 50 anni successivi è stata educazione allo spreco. Vetrine con luci accese tutta la notte nei negozi del centro, riscaldamenti d’inverno, aria condizionata d’estate, di negozi con le porte sempre aperte, spinta generalizzata a disfarsi di tutte le cose che potrebbero tranquillamente essere riparate, tanto che chi è in grado di aggiustare una cosa, capacità giustamente apprezzata negli anni 50 e 60, è considerato oggi nel miglior dei casi un patetico imbecille. Evviva i rottamatori e a morte i manutentori! Abbasso gli aggiustatori e tutte quelle persone che, silenziosamente, si prendono cura delle cose cercando, con pazienza e tenacia, di farle funzionare. Io continuo ad essere antico, ad ammirare chi ripara, a recuperare l’acqua, a riutilizzare le buste e riparare i calzini bucati. Ma per troppo tempo si è insegnato che queste mie fisime bloccano l’economia e sono un atteggiamento medievale, illiberale e negativo per la società. E ora? Come la metteranno con due generazioni tirate su propagandando lo spreco?
Un saluto
Livio Ghelli