Da sabato 22 ottobre a Cittadella, un comune del padovano, sventola la bandiera veneta con il Leone di San Marco a mezz’asta con il segno di lutto, a ricordo di quello che le locali autorità considerano una sciagura: cioè l’unione del Veneto (nonché di Mantova e di buona parte del Friuli ) all’Italia all’indomani della III guerra d’indipendenza, di cui in questi giorni ricorre per l’appunto il 150esimo anniversario.
Il giorno prima in un articolo sul Corriere della Sera Ernesto Galli Della Loggia aveva stigmatizzato l’iniziativa promossa dal sindaco e dalla giunta di Cittadella, ancor più grave per l’assenza in tutto in tutto il Veneto di commemorazioni ufficiali e di iniziative pubbliche per ricordare questo anniversario.
Assenti pure le istituzioni culturali, in primis l’Università di Padova, che pure tante pagine aveva scritto nella storia del patriottismo italiano, con la rimozione della memoria di Attilio ed Emilio Bandiera, Daniele Manin e di tutti quei veneti che avevano sopportato il carcere, l’esilio ed avevano rischiato la vita per l’unità e la libertà d’Italia.
L’editorialista del Corriere dubita però che tutto ciò corrisponda al reale sentimento della gente veneta e conclude l’articolo che in realtà questo anniversario vale ancora perché alla fine è rimasto qualche italiano che vuole continuare a sentirsi innanzi tutto tale.
Già ai primi di settembre la Regione veneta aveva deciso di festeggiare la ricorrenza con un atteggiamento tutt’altro che patriottico, rilasciando nelle biblioteche regionali, attraverso una pubblicazione mediante fondi pubblici, un volume alquanto controverso intitolato “1866, La Grande Truffa “, dello storico veneto ed esponente della Lega Nord Ettore Beggiato, nel quale si mira a sostenere come il famoso plebiscito che nel 1866 permise ad alcune terre dell’ex Impero austro-ungarico in seguito alla terza guerra di Indipendenza di potersi annettere al territorio italiano governato dalla dinastia dei Savoia non sia stato altro che una colossale “truffa”, perché il plebiscito non sarebbe stato valido in quanto, secondo i dati ufficiali, all’epoca dell’evento svoltosi in pieno ottobre soltanto pochissimi cittadini veneti si sarebbero recati alle urne, circa 641.758 su oltre due milioni e mezzo di residenti.
Contro l’uso strumentale della storia per un’iniziativa dichiaratamente anti-nazionale si sono schierati molti storici esperti del periodo risorgimentale tra i quali il professor Mario Isnenghi che ha appunto ricordato che “rispetto allo status quo vigente, il Plebiscito era così rivoluzionario che i difetti, in quella sorta di grande festa collettiva e happening politico, passano in secondo piano. La condizione più importante in assoluto fu il principio, del tutto innovativo, di far votare la gente“ a conferma che il Risorgimento italiano è stato un processo storico in cui gli italiani, sudditi nei diversi stati della penisola italiana, sono diventati cittadini di uno stato democratico.
Va pure sottolineato che celebrare momenti significativi della storia d’Italia, in questo mese si celebra tra l’altro il 4 Novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, non significa promuovere stanchi e retorici rituali istituzionali, ma contro l’uso politico e le manipolazioni della storia cogliere l’occasione per una rilettura critica dei fatti, con i chiaroscuri, le pagine luminose, gli aspetti meno gloriosi, i lutti e le tragedie, consapevoli comunque che il nostro Paese è diventato in questo lungo periodo storico una Nazione unita, indipendente e democratica.
E questo è soprattutto il compito della scuola italiana a partire dai programmi di storia in ogni corso di studi, che devono essere svolti con rigore e serietà disciplinare.
Ed allora i nostri giovani, i cosidetti nativi digitali, non saranno indifferenti alle celebrazioni di quegli eventi e date, che costituiscono la Religione civile della Patria e si sentiranno italiani come i loro padri ed i loro nonni!