La vista della città da Porta San Frediano, aperta al pubblico dopo il restauro
L’unica rimasta ad altezza originaria è quella di San Niccolò, c’è poi quella della Zecca e quella restaurata di San Frediano: racchiudono la storia della città e regalano panorami inconsueti
Mauro Bonciani Corriere Fiorentino 16 luglio 2023
«Firenze, fino all’anno 1866, era racchiusa entro il quarto cerchio di mura, che rimontava alla fine del secolo XIII, stato edificato su disegno di Arnolfo di Cambio, che ne ebbe incarico dalla Signoria nel 1284». Così Giuseppe Conti nel suo Firenze vecchia inizia a parlare nelle mura e delle porte-torri di Firenze e se la cinta muraria, tranne alcuni tratti in Oltrarno, è stata distrutta per far posto ai boulevard disegnati da Giuseppe Poggi su incarico del Comune per modernizzare la città, molte delle antiche porte sono rimaste. Spesso ridotte a spartitraffico, come Porta la Croce in piazza Beccaria o Porta al Prato, ma alcune valorizzate in tempi recenti e visitabili, per un tour che regala panorami inconsueti e tante storie.
Porta S.Niccolò 1865 c.a Fotografia su carta fotografica
La torre più celebre, l’unica rimasta dell’altezza originaria, è Torre San Niccolò, che svetta per 45 metri e al contrario delle altre non è stata «scapitozzata», cioè, abbassata in altezza, per adeguare la difesa cittadina all’arrivo delle artiglierie che richiedevano strutture basse e larghe. Le torri furono «tagliate» con l’assedio di Firenze del 1529-30, che pose fine alla Repubblica per dare il potere ai Medici, ma quella di San Niccolò, completata nel 1345, era protetta dalla collina sovrastante — su cui secoli dopo fu realizzato piazzale Michelangelo — e non ci fu bisogno di scapitozzarla. In cima alla torre ci sono i tipici merli guelfi, cioè a forma rettangolare, e ora non è accessibile per i lavori di restauro in corso, ma di solito fa parte del circuito delle torri visitabili a pagamento e dalla sua vetta si scorge un magnifico panorama, con piazzale Michelangelo a portata di mano. La torre-porta oggi è isolata, ma era collegata alle mura, come tutte le altre, ed il sistema difensivo era completato dalla pescaia, che, come quella di Santa Rosa, impediva alle navi di poter entrare liberamente in città. E quindi anche assalti via fiume, come quello dei vichinghi nell’VIII secolo che risalirono l’Arno fingendosi innocui mercanti per poi attaccare la ricca Fiesole.
La torre della Zecca prima della demolizione delle mura, dipinta da Fabio Borbottoni nell’Ottocento
La torre non è visitabile, ma lo è sua «cugina», la Torre della Zecca, sulla riva destra dell’Arno, da cui parte la pescaia di San Niccolò, sotto cui c’è un tunnel che arriva fino alla riva sinistra, dove c’è il giardino davanti alla Torre di San Niccolò. La torre — eretta a protezione del mai realizzato ponte Reale, progettato prima della disastrosa alluvione del 1333 e che doveva omaggiare Roberto d’Angiò — è alta solo 25 metri e alla sua base ci sono ampi locali sotterranei dove fu ospitata la zecca, che sfruttava la forza dell’acqua per coniare le monete, compreso il Fiorino d’oro che aveva fatto la fortuna della città, mentre i due grandi archi che la rendevano più leggera nel corso dei secoli sono stati murati. La torre era il centro di un imponente sistema difensivo, il primo a protezione della città, e non fu abbattuta nell’Ottocento al contrario della vicina Porta della Giustizia, che era alla fine di via Malcontenti, così chiamata perché lì si trovavano i patiboli a cui venivano condotti i condannati a morte per essere giustiziati. Della torre non sono visitabili i locali sotterranei, ma salendo le scale si arriva fino alla cima, con la città antica e moderna sotto di noi.
Appena restaurata e resa accessibile per la prima volta è Porta San Frediano, raggiungibile grazie ad una scala metallica esterna che conduce al sottotetto della porta, una delle più imponenti delle mura e la più grande con i suoi venti metri di larghezza, disegnata da Andrea Pisano, collegata alle mura trecentesche, che in quel tratto dell’Oltrarno non sono state abbattute. L’aspetto attuale è frutto dell’abbassamento e della copertura con un tetto avvenute come detto nel XVI secolo ed il portone in legno di quercia, alto 12 metri, è quello originale del Trecento, con uno spessore fino a 40 centimetri nella parte più bassa e rafforzato dai grossi chiodi in ferro. Sulla facciata esterna della porta ci sono feritoie ed i resti di due tabernacoli in pietra che sorreggevano i leoni simbolo di Fiorenza e verso l’Arno lungo le mura si trovano il torrino di Verzaia e il torrino di Santa Rosa che rafforzavano la cinta difensiva. Proprio da Porta San Frediano entrò in città nel 1494, in pompa magna, Carlo VIII, Re di Francia, seguito da molti soldati. L’arroganza sua e delle sue milizie, fu resa vana dal gonfaloniere Pier Capponi. Che al Re di Francia che minacciava di «far suonare le trombe» cioè di scatenare i soldati nel saccheggio, rispose «E noi suoneremo le nostre campane…», cioè chiameremo a raccolta il popolo in armi, con il risultato che Carlo VIII pochi giorni dopo lasciò la città passando dalla stessa porta, questa volta alla chetichella, senza aver ottenuto quello che voleva ed umiliato.
Porta Romana dipinta dal Borbottoni nell’Ottocento
Altra visita da non perdere è quella a Porta Romana, anch’essa collegata alle mura, disegnata da Iacopo Orcagna, scapitozzata, ed al lato della quale furono aperte porte laterali più piccole, l’ultima nel 1930. Nella lunetta del lato interno della porta ecco l’opera del Franciabigio con la Madonna protettrice di Firenze, e sotto il suo arco passarono sia Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, sia l’imperatore Carlo V, tutti e due con grandi onori, tra due ali di folla. Anche a Porta Romana si accede al sottotetto e il circuito di torri e fortezze visitabili grazie a Muse comprende il Forte di Belvedere, il suggestivo e vicino Bastione di San Giorgio, un vero tuffo indietro nel Medioevo, affacciato su via dei Bastioni che corre lungo le mura rafforzate da Michelangelo in occasione dell’assedio di Firenze, e la Fortezza da Basso, le cui mura sono state rese agibili, con il grande mastio con lo stemma mediceo che guarda verso la città. Sì, perché la Fortezza da Basso e Forte Belvedere raccontano un’altra storia: non facevano parte del sistema difensivo repubblicano, ma furono volute dai Medici e realizzate nel ‘500 per tenere sotto tiro di cannone i fiorentini ed impedire che si ribellassero nuovamente alla loro Signoria.
Firenze. La cinta muraria trecentesca dalla Veduta della Catena 1470