Autore Federico Simonti
Editore Odoya Bologna
Anno 2015
Pag. 350
Prezzo Euro 22,00
Viaggio e frontiera si toccano, si sovrappongono, divengono parte l’uno dell’altra. Quale immagine potrebbe descrivere meglio l’assemblaggio dello sconfinato materiale relativo alla frontiera che viene proposto in questo libro? L’ambizione è quella di dar vita a una grande cornice, metafora di una delimitazione, capace di conferire una qualche unità narrativa a storie eterogenee.
Interno ed esterno, vita e sogno, opera d’arte e muro bianco, conosciuto e sconosciuto: è sempre il momento della soglia a rappresentare l’unione dell’opposto. Così come la frontiera rappresenta la figura dell’equilibrio, un contorno sfuggente e mobile, ma pur sempre in grado di bilanciare spinte di separazione ed energie di legame.
Federico Simonti indaga temi distanti legati da un filo conduttore comune: il tema della frontiera affrontato in modo interdisciplinare e globale. Si alternano quindi racconti immaginifici: gli artisti e la frontiera (Bruce Chatwin, Nicolas Bouvier, Walter Benjamin…); la frontiera del Far West, la Patagonia, i gauchos; ebrei e muri; l’impero ottomano e i suoi confini; le terre di mezzo: Mosca e La Mecca… e molto altro. Vicende di confine in cui si incontrano storia, letteratura, architettura, filosofia e antropologia.
Le terre di confine raccontano la loro storia e il nostro presente. Scopriamo così, insieme a Zygmunt Bauman, che “Le frontiere, materiali o mentali, di calce e mattoni o simboliche, sono a volte dei campi di battaglia, ma sono anche dei workshop creativi dell’arte di vivere insieme, dei terreni in cui vengono gettati e germogliano (consapevolmente o meno) i semi di forme future di umanità”.
“Io penso che le frontiere vadano superate,
ma anche mantenute assieme alla propria identità.
Un modo corretto di viverle è sentirsi anche dall’altra parte.”
Claudio Magris
“La frontiera è responsabile della politica, della morale, dell’economia
La tv, la letteratura, l’arte, l’economia, i reality che confondono
vita e finzione: tutto oggi è globale, senza confini.”
Abraham B. Yehoshua
Federico Simonti, livornese dal 1971 e ora residente a Parigi, lavora in mezzo ai libri come fotografo, editor, traduttore, autore. Per Odoya ha tradotto, tra gli altri, Parigi. L’invenzione di una città (2011) di Eric Hazan e Tokyo. Ritratto di città (2013) di Manuel Tardits. Ha scritto questo libro per celebrare la frontiera in cui si è imbattuto nei suoi viaggi e nelle sue letture. Vuole dedicare questo lyric essay a tutti coloro che, come lui, hanno avuto la forza di attraversare le mille frontiere che la vita ha messo loro davanti. A chi gli chiede perché viaggia così tanto, risponde con le parole di Cees Nooteboom: «Vedere cose che non capisci, scritte che non sei in grado di leggere, una lingua incomprensibile, una natura che ti respinge, modi di vita che non potresti condividere; ora tutto questo, sembrerà strano, lo vedo come una benedizione».