“La bellezza salverà il mondo” afferma il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij, ma senza addentrarci nei possibili e tanti significati metaforici di questa frase, tratta dal bel romanzo dello scrittore russo, restiamo al significato della bellezza, come bellezza dell’arte e alla sua funzione pedagogica e catartica.
Contemplare un quadro, una scultura, un’architettura provoca a un tempo emozione e pensieri; certo sono quasi sempre opere del passato, a cui si attaglia indiscutibilmente il canone della bellezza, l’arte contemporanea, in cui l’aspetto estetico è meno importante, invece parla più alla testa che al cuore.
Non tutti sanno che Dostoevskij portò a termine il romanzo l’Idiota a Firenze dove alla fine del novembre 1868 si era trasferito con la moglie in un palazzo in Piazza Pitti, proprio quando a Palazzo Pitti abitava il re d’Italia. Erano gli anni di Firenze capitale,
In quell’anno che rimase a Firenze oltre a terminare l’Idiota fece con la moglie lunghe passeggiate tra chiese, musei e palazzi e qui nacque sua figlia, Ljubov, che in russo vuol dire amore. Fu per lo scrittore un periodo sereno nella sua vita, contrassegnata da tormenti e drammi, e nelle passeggiate tra i monumenti cittadini fu certamente coinvolto dalla bellezza dei luoghi e ne fece partecipe i fiorentini, con cui era entrato in confidenza
Negli anni di Firenze Capitale ed in tutto l’Ottocento nella società civile e nel mondo delle arti tra forestieri e residenti nascono infatti reciproche relazioni di cultura e di amicizia, nella condivisione dei valori e degli ideali del Risorgimento.
Oggi invece a Firenze assistiamo ad un quotidiano assalto dei turisti ai monumenti, ad un consumo passivo e compulsivo dei beni artistici, alla scomparsa dei locali storici e delle botteghe artigiane con le vie e le piazze, trasformate in un mercato caotico e vociante di giorno e talora di notte. E questo allarme non proviene da qualche comitato cittadino, nostalgico del bel tempo che fu, ma dall’agenzia dell’Unesco che tutela i siti, patrimonio mondiale dell’umanità, che ha inviato a maggio a Palazzo Vecchio una lettera in cui denunciava il degrado del centro storico.
Ne consegue che in questa inarrestabile invasione di massa dei turisti i fiorentini progressivamente vengono espropriati della loro città e della possibilità di poter fruire della bellezza del patrimonio storico-artistico con cui per anni avevano convissuto e di cui avevano conservato la memoria.
Ne è un esempio la chiesa di Santo Stefano al Ponte, che si trova tra piazza della Signoria e Ponte Vecchio che da più di un anno non è più accessibile come sito storico-artistico ai fiorentini in quanto, essendo sconsacrata e dopo un lungo restauro riportata agli antichi splendori ( la chiesa ha una facciata romanico-gotica ed un interno barocco con pregevoli opere d’arte) la Curia l’ha concessa in affitto ad una società privata che organizza non solo concerti ma anche mostre multimediali di artisti famosi, per cui all’interno della chiesa in una recente esposizione, tra le altre, di quadri di Van Gogh una sinfonia di luci, colori e suoni ha azzerato per i visitatori la percezione dell’architettura e delle sue decorazioni.
Il Museo dell’Opera del Duomo con un rinnovato, moderno ed intelligente allestimento delle sue splendide collezioni invece è accessibile, ma il prezzo d’ingresso è caro, con la giustificazione da parte dei responsabili del Museo che con lo stesso biglietto si possono pure visitare i monumenti di piazza del Duomo, Battistero, Cattedrale e Campanile, ( una visita per altro da fare nell’arco di 24 ore !).
Anche in questo caso i residenti di fatto vengono respinti da una politica meramente commerciale e per niente culturale in una svendita della città al turismo “mordi e fuggi”.
Andrebbe invece ricordato ai nostri amministratori locali che il nostro patrimonio culturale ed artistico, prima che a produrre ricchezza con lo sfruttamento intensivo del turismo, il nostro petrolio secondo la vulgata del Ministero dei Beni Culturali, serve alla formazione di uno spirito civico e a dare ai fiorentini il senso di appartenenza ad una comunità con le sue specifiche radici storiche e artistiche nell’ambito della comunità più ampia del nostro Paese.