Paolo Ermini Corriere Fiorentino 13 aprile
Non c’è che da insistere, le somme si tireranno alla fine. Ci sono voluti anni perché la sinistra italiana, o almeno una sua parte, si convincesse che la battaglia per la legalità e la sicurezza non è affatto una battaglia di destra; allo stesso modo la sinistra fiorentina, che governa da Palazzo Vecchio, prima o poi capirà che l’assalto subìto dalla città di giorno e di notte è sì ricchezza (per tanti), ma anche la condanna a un’usura sempre più veloce che, superati certi limiti, non sarà più rimediabile.
Per anni si è applaudito all’aumento dei turisti senza metterci un briciolo di testa (qualcuno lo fa ancora). Come se lo sviluppo stesse solo nella lievitazione dei numeri, delle presenze e degli incassi, e non anche nella difesa di un equilibrio sociale e culturale, di quell’identità che poi resta il vero nucleo di una città, capace di trasmetterne l’eredità. Invece s’è vista tanta miopia. Una miopia che ha dato i suoi frutti. I nostri cronisti ne hanno dato testimonianza con le inchieste di questi giorni sul centro storico di Firenze È la cronaca di un’invasione che non conosce limiti né regole. E che diffonde in città, sia tra chi ci abita sia tra chi ci passa, un crescente senso di insicurezza, come succede quando sembra di essere sopraffatti dal caos.
Non è facile curare chicchessia quando si è a lungo trascurata la malattia. Per la Firenze aggredita di giorno non c’è una medicina già pronta. Il 2 aprile il Corriere della Sera ha rilanciato la discussione sul numero chiuso nelle città d’arte, con una riflessione tutt’altro che banale del ministro dei Beni culturali: «Il turismo — dice Dario Franceschini — è una crescita da gestire. Non si può mettere un ticket, ma servono regolatori d’accesso. Saranno necessari prima o poi». E in quel prima o poi c’è tutta la consapevolezza della difficoltà nel prendere una decisione che scatenerebbe di certo le accuse di chi è sempre pronto a vedere dietro a ogni angolo trame antidemocratiche. Ideologismi insensati che possono condannare una città allo svuotamento.
È vero però che una svolta così radicale come il numero chiuso dovrebbe essere l’ultima carta da giocare. Ma quali sono allora le altre carte? E chi le ha calate? Per la verità abbiamo assistito a molte decisioni di segno contrario. Permessi a go-go concessi a chiunque si proponesse di entrare, in qualunque ruolo, nella partita del turismo, dai trasporti al commercio, alla ristorazione. Senza che nessuno abbia mai risposto di una politica irresponsabile, fatta di sottovalutazioni e di quel lassismo così gradito ad alcune categorie. Adesso però, se non si vuole andare dritti contro il muro dell’immobilismo, s’impone una correzione di marcia. E dunque:
1) perché non dirottare nell’estrema periferia il parcheggio dei torpedoni?
2) perché non obbligare i gestori dei mammut turistici a impegnare mezzi più piccoli nelle strette vie del centro?
3) perché non opporsi con severità ai bivacchi quotidiani sui sagrati e sui marciapiedi?
4) perché non impedire ai venditori di cianfrusaglie di ingolfare zone critiche come il Ponte Vecchio con i loro tappeti?
5) perché non togliere prima possibile dalla circolazione risciò e segway (quei graziosi monopattini dietro i quali vi sarete trovati spesso in coda)?
Servirebbe un po’ di coraggio, questo sì, perché per ogni inversione di rotta c’è un interesse economico che si sente minacciato. E il coraggio uno se lo può anche dare, checché ne pensasse don Abbondio, ma deve avere chiara la direzione di marcia e la meta da raggiungere. Dario Nardella più volte ha parlato della necessità di puntare sul turismo di qualità per difendere Firenze. Poi arrivano «Live Nation» e «Le Nozze di Figaro» che organizzano concerti rock di livello per l’estate fiorentina alle Cascine, con duecentomila persone in arrivo per due mesi da ogni dove (con un giro d’affari, pare, di 20 milioni di euro, mica noccioline), e il sindaco si precipita in conferenza stampa per assicurare che il Comune farà di tutto per portare in centro questa massa aggiunta di turisti: sconti sui parcheggi, sconti sui bus turistici, sconti per i musei civici. Poi ha aggiunto: «È una scommessa vinta sia sul piano economico che culturale, perché sarà una vetrina importante per Firenze». E ha concluso: «Tanti giovani che frequentano un concerto danno senso di sicurezza più di mille militari». Un refrain che credevamo superato e che ora stride con l’impegno delle forze dell’ordine a riportare un po’ di tranquillità in alcune zone di Firenze strappandole agli spacciatori. In ogni caso è la conferma di un’oscillazione che difficilmente potrà trasformarsi in una politica organica del turismo (che prescinde, ovviamente, dal notevole valore dei prossimi concerti estivi). Ma come sulla sicurezza, prima o poi, arriverà un altro Minniti a spiegare che, cari compagni, è il caso di cambiare