Scritti politici e federalisti. Di Carlo Cattaneo. Con un commento di Valerio Castronovo dal Corriere della Sera.
2011
Piccola Biblioteca Einaudi. Classici
pp. 304
€ 23,00
A cura di Walter Barberis
Riflettendo sulla particolare vicenda italiana, di cui coglieva gli elementi di frammentarietà e pluralità, Cattaneo teorizzò che la migliore soluzione per una Italia unita sarebbe stata quella dove le autonomie locali non fossero mortificate da una vincolante struttura centrale.Da questa antologia dei suoi scritti emerge però che il filosofo non mise mai in discussione la causa nazionale
Il Federalista malinteso Commento di di Valerio Castronovo dal Corriere della Sera
In occasione del 150° anniversario dell’Unità nazionale, ha finito col prendere il posto di una certa letteratura d’un tempo viziata da una debordante retorica agiografica, una produzione pubblicistica di segno diametralmente opposto ma ugualmente strumentale e fuorviante, come quella di alcuni pamphlet che hanno riesumato vetusti anatemi del clericalismo papalino ottocentesco o rispolverato trite e ritrite recriminazioni, secondo cui la liberazione del Sud dal dispotico regime borbonico sarebbe stata una brutale aggressione per depredare il Mezzogiorno delle sue risorse.
Ciò non toglie, ovviamente, che si debba continuare a discutere sulle vicende del nostro passato, per affrontare con maggior cognizione di causa i problemi rimasti irrisolti.
Resta il fatto che quella risorgimentale è stata una delle stagioni politico-culturali più fulgide della nostra storia, in quanto caratterizzata da una pluralità di voci e istanze, di fermenti innovativi e forti passioni ideali. Non si spiegherebbe altrimenti come ebbero ad affermarsi postulati fondamentali come la libertà politica, il sentimento nazionale, i diritti individuali, l’eguaglianza di tutti di fronte alla legge, la laicità delle istituzioni, l’apertura alla modernità.
Naturalmente, diverse erano le soluzioni che i protagonisti del Risorgimento propugnavano quanto all’ordinamento da dare a una nuova Italia indipendente e unificata. Ma anche questa diversità di intenti e programmi attesta come quello risorgimentale sia stato un movimento ampio e complesso, segnato da un fervido confronto d’idee e orientamenti.
Giunge perciò a proposito l’edizione di un’antologia di scritti politici e federalisti di Carlo Cattaneo, curata (con un saggio introduttivo illuminante) da Walter Barberis. Nel periodo pre-unitario e immediatamente successivo, l’intellettuale milanese, fondatore nel 1839 di una rivista originale come il “Politecnico” (per la diffusione di un sapere tecnico-scientifico che fosse di stimolo al progresso civile e sociale), e tra gli animatori dell’insurrezione contro gli austriaci durante le Cinque Giornate del marzo 1848, si pronunciò infatti a favore di un sistema statuale su base federale. E ciò in considerazione sia della particolare specificità di un Paese come l’Italia con una storia e una civiltà caratterizzata dall’esistenza di tanti antiche e diverse città, sia di una politica riformatrice volta a promuovere lo sviluppo di forme di autogoverno e una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.
Come osserva Barberis, Cattaneo non era un idealista romantico né assertore di un progetto del tutto avulso dalle istanze dei repubblicani e dei democratici. La sua diffidenza nei confronti della monarchia sabauda era analoga a quella di Mazzini; ma, neppure nel corso delle sue roventi polemiche nei confronti dei moderati lombardi e poi della politica del governo piemontese, egli giunse mai a mettere in discussione, in nome del suo federalismo, la causa nazionale e unitaria. Riteneva piuttosto che una compagine come quella degli “Stati Uniti d’Italia”, da lui patrocinata, sarebbe stata più inclusiva, in quanto corrispondente all’identità e alle tradizioni della Penisola e congeniale alla formazione di un sistema politico più rappresentativo.
Questa sua salda convinzione lo portò a respingere qualsiasi genere di compromesso sul terreno politico, ma anche a non mettere piede nel Parlamento subalpino, sebbene vi fosse stato eletto nel 1859, rimanendo perciò in volontario esilio in Svizzera, dove s’era rifugiato nell’agosto 1848 dopo il ritorno degli austriaci a Milano.
Se poi la soluzione centralistica finì col prevalere anche sull’ipotesi di un sistema amministrativo decentrato di stampo inglese (com’era nei propositi originari di Cavour e di Minghetti), fu per forza di cose, per la situazione d’emergenza del nuovo Stato unitario, alla prese sia con l’insorgenza del brigantaggio meridionale, e quindi col rischio di una restaurazione borbonica, sia con l’ostilità dell’Austria all’unità italiana e i timori di alcuni governi europei sul pericolo di una deriva rivoluzionaria, se non si fosse esteso immediatamente in tutta Italia lo stesso modello centralistico del Regno di Sardegna.
Ciò non impedì a Cattaneo di continuare la propria battaglia politica, con i suoi interventi contro i plebisciti annessionistici nel Meridione, l’ordinamento prefettizio, e per una modifica della legge comunale e provinciale. Anzi, il suo programma federalista acquisì nel contempo maggiori valenze democratiche, in quanto si estese dai temi dell’autogoverno amministrativo all’allargamento del suffragio e all’ampliamento delle autonome locali. Se si considera che alcune di queste sue istanze sono state infine recepite nella Costituzione del 1948 e, negli ultimi tempi, riproposte per un’evoluzione in senso federalistico (non solo in campo finanziario), si può ben dire quindi che la sua lezione ha lasciato un segno rilevante.