Cesare De Michelis Sole 24 Ore 14 luglio
Un merito almeno le celebrazioni del 150º dell’Unità d’Italia lo hanno avuto ed è stato quello di rimettere al centro della riflessione storica sull’identità nazionale l’opera di Ippolito Nievo, per altrettanti anni letto senza attenzione e costretto nello stereotipo del “poeta soldato” garibaldino, mentre il suo capolavoro – Le Confessioni d’un Italiano –, ma anche tutti gli altri suoi scritti maggiori e minori, costituiscono la più originale e organica riflessione politica e culturale sulle ragioni di un risorgimento faticosamente cercato e alla fine sì compiuto, ma a prezzo di stravolgerne il significato e di confonderne gli obiettivi.
La recente monografia che gli ha dedicato Giovanni Maffei serve a chiarire definitivamente la complessità della sua figura, riconoscendo il ruolo decisivo e centrale che sempre ebbe rispetto alle sue scelte la politica, niente affatto riducibile a un ideale patriottismo di ispirazione mazziniana, quanto invece responsabilmente tesa a contenere gli slanci rivoluzionari, le congiure, i gesti eroici e simbolici, i sacrifici, cercando piuttosto la convergenza su programmi realistici e concreti di consensi larghi e diffusi, privilegiando in ogni caso una ragionevole mediazione rispetto a qualsiasi radicalismo ideologico.
Maffei segnala con forza e inoppugnabili argomenti testuali le affinità che avvicinano Nievo a Gioberti, soprattutto a quello tardo e moderato del Rinnovamento civile d’Italia, decisamente schierato a fianco dei Savoia, e ricostruisce il complesso intreccio di puntuali riprese e spregiudicate prese di posizione polemiche, soprattutto nel Barone di Nicastro che mette alla berlina qualsiasi prospettiva dialettica, preferendo alla sintesi la assai meno risolutiva pratica della mediazione, che tuttavia consente di procedere nella costruzione della nazione tenendo ben saldi i piedi per terra.
Nievo, si sa, ebbe una vita eccezionalmente breve, cosicché tutti i suoi scritti sono concentrati negli anni, peraltro decisivi, del “decennio di preparazione”, quei drammatici anni cinquanta che seguirono la sconfitta del ’48-’49 aspettando, non senza momenti di sfiduciata disperazione, una nuova occasione di risorgimento nazionale, e pertanto ebbero una circolazione difficile e limitata, quando – come le Confessioni o il saggio sulla Rivoluzione nazionale – non rimasero del tutto inediti, ed è quindi indispensabile una puntuale ricostruzione del contesto in cui vennero composti per intenderne senza equivoci il senso e al tempo stesso un’esauriente esplorazione di tutta l’opera, mai sinora compiutamente raccolta.
Maffei svolge questo compito con passione e competenza con risultati sempre apprezzabili e in larga misura condivisibili, riuscendo non solo a restituirci nella loro vitalità molte delle cosiddette opere “minori”, ma anche approfondendo aspetti suggestivi del capolavoro dedicando pagine assai convincenti alla splendida ma misteriosa figura di Pisana, l’irraggiungibile amore di Carlino, finalmente riconosciuta come «il personaggio politicamente più spesso delle Confessioni» e quindi interpretata come una “allegoria” necessaria a illuminare il destino di chi nato veneziano dovrà trasformarsi in italiano senza peraltro riuscire a far sua l’amata, che ostinatamente si sottrae al matrimonio, riconoscendo «il desiderio prezioso più del possesso», o, che è lo stesso, l’impraticabilità di un sogno – un ideale – che diventi realtà senza piegarsi alle regole della politica e del consenso.
Resto, invece, perplesso di fronte alla molteplicità delle “undici” anime di Nievo, «tutte vive, tutte bollenti e ribelli», chiamate a confermare una supposta ambiguità del romanzo e quindi del suo autore, che a me sembrano al contrario determinati a difendere la loro ostinata coerenza.
Giovanni Maffei Nievo
Salerno editrice Roma
pagg. 374 € 19,00