Paolo Ermini Corriere Fiorentino 2 gennaio
Nel messaggio televisivo di fine anno il Presidente della Repubblica Mattarella ha usato toni bassi come se volesse fare appello fin nello stile a un’Italia capace di ritrovare pacatezza come dato politico trasversale in una stagione contrassegnata dalle esasperazioni verbali.
Il Capo dello Stato si è così riproposto come punto di riferimento di chi spera nel superamento definitivo della crisi grazie alla forza della ragionevolezza. Una virtù quasi eroica in mezzo alla virulenza delle demagogie vecchie e nuove. E non a caso Mattarella ha tracciato a sorpresa un parallelo tra i giovani che andranno al voto per la prima volta e i giovani che partirono per il fronte della prima guerra mondiale. I ragazzi del ‘99, allora come oggi. Generazioni e generazioni hanno nel frattempo cambiato storia, istituzioni, costumi, mentalità. Però, oggi come allora, serve un po’ di generosità sociale per vincere la sfida. È un bell’invito quello che viene dal Quirinale, se rinunciamo a caricarlo di enfasi retorica.
Nel 2018 appena cominciato celebreremo il centenario della fine della Grande guerra. Tracce di quell’evento sono visibili in tutti i nostri Comuni: monumenti, lapidi, elenchi con i nomi e i cognomi dei caduti. Ormai caduti anche nel ricordo comune. Ridare visibilità e dignità a questa pagina della nostra memoria forse è la lezione più semplice di quella educazione civica di cui tanti invocano il ritorno a scuola.
E non possono essere che i sindaci, anche in Toscana, i principali promotori di una iniziativa che ci allineerebbe alle consuetudini dei Paesi europei nei quali è innanzitutto il legame con il passato a mettere benzina nel motore del futuro. Ci sono stele e statue da restaurare, marmi con dediche da rendere di muovo leggibili, soprattutto ci sono tante storie da raccontare. Nelle piazze o nei nostri teatri. Come i nostri nonni facevano nelle case. Come potevano farlo in un Paese che dalla fine della prima guerra mondiale in poi non è mai riuscito a leggere il passato secondo una trama condivisa: il mito della vittoria mutilata, i sommovimenti sociali, il fascismo e poi la seconda guerra mondiale, con le sue guerre civili, hanno interrotto per decenni la trasmissione di una eredità storica unificante. Tentiamo il recupero partendo dai ragazzi del ‘99? Tu chiamalo, se vuoi, senso di un comune destino.