Due omaggi anepigrafi per nozze
Autore Niccolò Tommaseo
A cura di Jacopo Berti
Editore Le Càriti
Anno 2020
Pag. 130
Prezzo €18,00
“Quei versi metafisici e di concetto a molti difficile…”, ebbe a dire Gino Capponi in riferimento ai due rari opuscoli anepigrafi che Tommaseo allestì come doni di nozze nel 1851 e nel 1857. E Antonio Rosmini elogiò similmente i «bellissimi versi … e meravigliosi per le immagini di cui avete saputo rivestire quello che parea non ne potesse ricevere alcuna». Con quelle rime ardite, in tensione tra i fenomeni del mondo fisico (la luce, la terra, il mare, i colori, gli atomi, il cosmo…) e le vertigini della trascendenza (tutte le cose create sono scale viventi che «ascendono le eterne altezze» del divino), Tommaseo tornava all’esercizio poetico dopo più di un decennio di silenzio. I componimenti inclusi nei due opuscoli sarebbero poi rifluiti, con variazioni, nelle definitive Poesie del 1872; adesso sono qui riproposti per la prima volta nella loro veste originale, con apparato di varianti. (Jacopo Berti)
Jacopo Berti è docente di lettere presso il Liceo «Niccolò Machiavelli» di Firenze. Laureato con lode in lettere moderne presso l’Università degli studi Firenze e vincitore del Premio Palazzeschi 1995. Ha tenuto corsi di perfezionamento a carattere metodologico-didattico presso l’Università per Stranieri di Siena. Ha insegnato in università straniere in Italia e negli Stati Uniti come docente di Lingua, Letteratura, Storia europea e Cultura italiana. Si è occupato del pensiero di Niccolò Tommaseo e ha collaborato con le riviste «Studi Italiani», «Antologia Vieusseux», «Nuovo Rinascimento».
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Niccolò Tommaseo nacque a Sebenico nel 1802 da una famiglia di commercianti. Dopo aver compiuto gli studi giuridici presso l’Università di Padova, iniziò a collaborare ad alcune imprese giornalistiche venete. Nel 1823 frequentò a Rovereto la casa di Antonio Rosmini, stringendo con lui una duratura amicizia. Si trasferì poi a Milano, dove conobbe Alessandro Manzoni, verso il quale avrebbe nutrito sempre una grande stima. Dal 1827 al 1834 soggiornò a Firenze chiamatovi da Giovan Pietro Vieusseux per collaborare all'”Antologia”, dando un contributo decisivo alla parte letteraria e politica della rivista. Durante la permanenza fiorentina, pubblicò, nel 1830, il Nuovo Dizionario de’ Sinonimi della lingua italiana, destinato a renderlo assai noto. Nel 1833, anche per effetto di una sua recensione che toccava la questione dell’indipendenza greca, l’Antologia venne chiusa dalla censura granducale e Tommaseo decise di abbondare la Toscana per andare esule in Francia e poi in Corsica. Durante questo periodo, diede alle stampe lo scritto politico Dell’Italia (1835), cui il suo primo volume di versi, Confessioni (1836), il racconto storico Il Duca di Atene (1837) e il Commento alla Divina Commedia (1837). Nel 1840 Niccolò Tommaseo si stabilì a Venezia, intensificando il proprio impegno politico e proseguendo una frenetica produzione editoriale; ancora nel 1840 pubblicò il romanzo Fede e bellezza, scritto ad Ajaccio, cui fecero seguito i Canti popolari toscani corsi illirici greci (1841-1842). Arrestato dalla polizia asburgica nel gennaio 1848, fu liberato nel marzo dalla popolazione insorta e investito della carica di ministro della Pubblica Istruzione nel governo provvisorio veneziano, diretto da Daniele Manin. Dopo la caduta della repubblica veneta, Niccolò Tommaseo fu costretto a rifugiarsi a Corfù per trasferirsi poi a Torino dove rimase fino al 1857, dedicandosi alla stesura del Dizionario della lingua italiana, i cui quattro volumi apparvero nel corso del ventennio seguente. Tornò a Firenze nel 1859, conducendo un’esistenza appartata, interamente votata allo studio, e rifiutando anche la nomina a senatore. Qui morì nel 1874.
Fonte: www.dalmazia.it
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